sabato 5 novembre 2011

Berlusconi in brutto stile
di Carlo Gambescia




Sul “corpo” del  “capo” Berlusconi  sono usciti  parecchi volumi.  Da ultimo ricordiamo quello di Marco Belpoliti, dal titolo omonimo (Guanda, 2009).   L’ approccio è post-moderno, anche se l’autore ci correggerebbe subito parlando di post-post moderno...  Vabbè   i soliti birignao degli intellettuali di sinistra… Post-moderno, dicevamo, nei termini di una sociologia visuale, che attraverso la rappresentazione (fotografica) spiega il rappresentato (Berlusconi). Infatti, il corpo (di Berlusconi) indagato è quello fotografato, e per suo esplicito volere.
Detto altrimenti: secondo Belpoliti il Berlusconi immortalato sarebbe una specie di vorace Zelig (quello di Woody Allen), capace di incarnare e catturare l’immaginario di un italiano, per intendersi, tutto Famiglia, Amante, Evasione fiscale e Grande Fratello. Quell’ italiano degli anni Ottanta-Novanta, che il Cavaliere avrebbe, per alcuni, pericolosamente rivitalizzato, per altri costruito ex novo, attraverso i suoi invasivi programmi-spazzatura.
E, per  Stefano Pierotti, scultore pietrasantino, cosa sarebbe il corpo,  anzi la testa di Berlusconi?   Un orripilante   Zelig,  in carne, ossa e sangue,  condannato a  decomporsi fisicamente.  Infatti,  il “BerluscRotto”, dal  titolo della mostra chiusasi domenica a Torino,  lascia veramente senza fiato.  Altro che metterlo in salotto!  Parliamo di sei ritratti tridimensionali, dove in sequenza,  la testa del presidente del Consiglio, coperta da vernice rossa, subisce una ripugnante metamorfosi post-mortem.  Presentata  - sai che novità… -  come  metafora del potere che si disfa fino a svanire del tutto.   
Alcuni - quelli de “il Giornale” di famiglia -   hanno parlato di «poca arte e tanto odio»…  Ma lasciamo la parola a Pierotti: «Mi sono sfogato, ma anche divertito ho voluto descrivere a mio modo un fenomeno sociale, più che politico. Le righe di rosso che attraversano il volto di Berlusconi vengono percepite come sangue ma in realtà è solo vernice rossa. Intendevo rovesciagli sulla testa un barattolo intero di vernice, come se il comunismo, parola di cui si riempie la bocca, se lo divorasse in un sol colpo».  
Che dire? Probabilmente il problema  non è l’odio,  ideologico o meno,  che sicuramente anima le sculture. Sotto c’è un’altra questione,  molto più profonda.  Quale? Quella individuata già settant’anni fa,  da Pitirim Sorokin,  grande sociologo dei fenomeni  artistici moderni.  Il quale  circoscrisse,  sulle solide basi di una montagna di dati statistici,  «la tendenza al morboso e al patologico dell’arte del Ventesimo secolo».   
Come ben esemplifica,  ancora oggi  -  ecco il collegamento -  la repellente  sequenza  tridimensionale di Pierotti.  Quindi non solo odio.  Ma, per così dire,  amore per l’orrido: l’esatto  contrario di ogni vera forma  d’ arte, che non può non rinviare a ciò che sia nobile e bello…   Siamo all’antica?  Mah… Meglio essere “sorpassati”  che condividere obbrobri simili. 
Scrive  Sorokin, ne La crisi del nostro tempo (Arianna Editrice)  «Lo stesso trend [verso il patologico-morboso, ndr] è mostrato dalla pittura e dalla scultura contemporanee, sia in Europa che in America. I principali  soggetti ritratti non sono Dio, i santi gli eroi autentici, ma minatori, contadini, lavoratori, uomini d’affari, ragazze dalle curve seducenti, o criminali, prostituite, ragazzi di strada e così via. Gli eventi raffigurati riguardano o i monotoni casi  della vita quotidiana, o eventi esotici e patologici. In quei rari casi, in cui ci si accosta  a temi veramente  nobili, come il “Cristo” o  l’ “Adamo” di Epstein, il soggetto è svilito al rango di “subcavernicolo”. Nel Ventesimo secolo, l’88 per cento dei lavori più eminenti sono dedicati alle classi inferiori e borghesi, mentre nel medioevo solo il 9 per cento riguardò tali classi e la parte rimanente monarchi aristocrazia e clero» .  Ma non è tutto. «Oltre a ciò - prosegue il sociologo -  oggigiorno tutti i rami dell’arte mostrano un’esagerata inclinazione per due generi poco noti nel medioevo, come la satira e la caricatura. Tutto e tutti, da Dio a Satana, sono ridicolizzati e sviliti. Il divertimento in ciò, è così diffuso, al punto di fare la fortuna di varietà, riviste e periodi specializzati (…) Per riassumere: l’arte contemporanea è essenzialmente  un museo di patologie sociali  e criminali. Un’arte incentrata su obitori , covi criminali, organi sessuali, e che opera esclusivamente  allo stesso livello delle fogne sociali » .
Del resto Sorokin,  ne ha per tutti,  anche per  le stesse avanguardie artistiche, ad esempio  cubisti e  dadaisti.  Che giudica (forse troppo) severamente: «Queste correnti costituiscono una rivolta  contro l’arte sensistica, così dedita a enfatizzare solo le apparenze, piaceri e godimenti, perché si sforzano di rappresentare  l’essenza  degli oggetti nella loro tridimensionalità. In questo modo esse tentano di trasformare l’arte in qualcosa di più essenziale che mostri il “centro di gravità” dell’oggetto raffigurato, nella discordanza tra questo e l’oggetto reale. Eppure, come falliscono miseramente  questi sforzi di conseguire obiettivi pur lodevoli!  Un pittore dadaista e uno scultore cubista invece di rappresentare  l’essenza materiale dell’oggetto ne mettono in mostra solo gli aspetti superficiali, alterati e incoerenti che sono in contrasto con  le nostre normali percezioni visive  e tattili. Non vediamo mai  in realtà il soggetto del Violino o della Donna con Liuto di Picasso, ma solo come egli li ha raffigurati» .
Del resto,  come sottolinea Enzo Biffi Gentili,  nell’intervista  che segue,  la testa del Berlusca  non può essere ricondotta a nessuna avanguardia…  Se per questo, ci permettiamo di aggiungere,    neanche   Stefano  Pierotti    a  Pablo  Picasso…


                                                         Carlo Gambescia


***


Un’arte che piace alla gente che piace…



Abbiamo fatto qualche  domanda in argomento  a  Enzo Biffi Gentili (nella foto),  Direttore del  MIAAO (Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi)  di  Torino, che ospita  (fino al 27 novembre),  una bellissima mostra  dedicata a Ugo La Pietra (“Abitare la Città. Il futuro di ieri: per una nuova radicalità” ).  Ma questa, come dire è un’altra storia, di un’arte bella e avvincente… Parliamo,  invece,  del  BerluscRotto di Stefano Pierotti: siamo davanti  al  “fine”  di ogni avanguardia, o si tratta  “della  fine” di ogni avanguardia?

La testa rotta del Berlusca, che ha nulla a che fare con l’avanguardia…

Grazie della precisazione, del resto  l’esperto è lei…

È stata esposta qui a Torino ad Artissima, una fiera d’arte, dove si vende, e non certo a poveracci, organizzata però anche con soldi di pubbliche amministrazioni. Lo scandalo non sta certo in quel gadget, ma forse in quei rapporti per certi versi “equivoci”. Tant’è che il direttore precedente di quella fiera, Bellini, è stato trasferito dall’assessore alla cultura della Regione Piemonte precedente, Oliva, di centrosinistra, alla direzione del museo del Castello di Rivoli, con risultati da molti criticati; e oggi si dice che il direttore attuale della kermesse, Manacorda, lo dovrebbe, passata la Regione al centro destra, sostituire. Questa totale commistione e fungibilità del culturale e del commerciale accomuna quindi due diverse “scuole di pensiero”, si fa per dire. Ed è pure bipartisan in Piemonte l’adorazione per la televisione e le “esigenze di comunicazione”: Presidente della Reggia di Venaria è Del Noce, del Castello di Rivoli Minoli, uomo RAI è anche l’ assessore alla cultura nella Giunta Fassino di Torino, Braccialarghe. In questo contesto la testina ci può stare, è, al di là delle intenzioni, un monumento a Berlusconi…

Insomma, un’arte che piace alla gente che piace…   Ideologia, arte, provocazione. È un problema di equilibrio? Oppure occorre scovare percorsi nuovi?

Purtroppo è finita l’avanguardia. E forse più nessuno oggi scriverebbe, come Ezra Pound, che “non si dipinge per tenersi arte/ in casa ma per vendere e vendere / presto e con profitto, peccato contro natura”. Ma trovo ancora assolutamente attuale battersi Contro l’usura, e basti pensare ai disastri della finanza internazionale. Come finalmente fa qualche artista e intellettuale: penso a Ugo La Pietra, che proprio nei giorni di Artissima ha ricordato in suo bellissimo lavoro, esposto altrove, l’equivalenza, in certi condizioni, per l’artista, del vendere e del “vendersi”…

Giusto. Per questo  ne  abbiamo  accennato volentieri, proprio  nel “cappelletto” dell’ ’intervista.  Allora, Direttore,  grazie e buon lavoro. Continui così.

                                                                                              (C.G.)
  

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