giovedì 12 aprile 2018

La citazione di Salvini dal film di Alberto Sordi
Sociologia del Marchese del Grillo



Come condensare in poche parole  quel  tracollo delle élite, di cui oggi tutti si riempiono la bocca?  Ci aiuta  Salvini, astro nascente della nuova Italia populista,  il quale  rispondendo a Di Maio,  altro politico dai profondi studi,  ha citato Alberto Sordi, dal famigerato film sul Marchese del Grillo (“io sono io, mentre voi,  non siete,  eccetera, eccetera”).  Ora che cosa c'è  di più vicino, diremmo osmotico, alla cultura diffusa  di quel "popolo"  che vota Lega  e Cinque Stelle?   Per abolire  - come si grida ai quattro venti -   vitalizi e privilegi delle élite al potere?  In pratica, ragiona così  un elettore su due.
Ovviamente, il problema non è Alberto Sordi, o il contenuto della sua frase,  altrimenti si commetterebbe  lo stesso  l’errore di certa sinistra  al caviale,  alla Nanni Moretti per intendersi,  che con il suo snobismo, per reazione,  ha  favorito proprio la vittoria di politici  populisti, molto ignoranti,  come Salvini e Di Maio. 
Il vero problema è quello della “grande semplificazione”, che si nasconde dietro il politico che cita Sordi perché icona popolare, quale strada più breve per arrivare a tutti.  Perché studiare? Perché stimolare? Perché addirittura incuriosire? Basta Alberto Sordi.  Di qui la presentazione di  problemi complessi, dall ’immigrazione all' ’euro,   come semplici  e risolvibili su due piedi.  Un atteggiamento mentale semplicistico che piace alla gente comune, perché azzera le distanze tra chi sa e chi non sa, rivendicando le ragioni dell'ignoranza.  E poiché coloro che non sanno sono maggioranza,  il populismo, soprattutto quando  non trova ostacoli  nella selezione  politica,  non può non vincere facile.
Perché l ’aspetto più grave della questione,   è che tra coloro che non sanno,  vanno ricompresi anche  coloro che dovrebbero sapere. Insomma, il filtro socio-culturale ( gli standard formativi richiesti per emergere)  sembra non funzionare più.  E qui torniamo alla citazione salviniana di Alberto Sordi:  De Gasperi avrebbe citato Maritain, Togliatti, Dante,  Fanfani, Toniolo,  Nenni, Mazzini,  Berlinguer, Tolstoj, e così via...  
Cosa vogliamo dire?   Che, probabilmente,  De Gasperi, Togliatti, Fanfani, Nenni, Berlinguer sapevano chi era, se non Sordi, Totò, ma il punto era ed è che la loro cultura non si riduceva a Sordi e Totò. Il filtro socio-culturale funzionava ancora. E soprattutto le élite credevano in esso.
Quali sono le cause del livellamento culturale  tra  eletti ed elettori?  Probabilmente la carica eversiva della cultura di massa -  legata alla natura semplificata del suo messaggio rivolto a tutti -  ha progressivamente ridotto le distanze tra cultura alta e bassa,  in favore di quest’ultima, pervadendo  i meccanismi formativi, dalla scuola all'università.  E di tale  appiattimento generale  non poteva  non risentirne, di rimbalzo, la cultura delle  élite, sia quella tradizionale (dalle riviste, ai libri e ai giornali) sia quella innovatrice (dei nuovi media, dal Web ai Social). Oggi è  norma, anche  tra ciò che resta della cultura alta,  farsi scudo  di  semplificazioni e  riduzionismi culturali  "per arrivare a tutti"   e così  abbattere qualsiasi barriera tra coloro che sanno e coloro che non sanno. Siamo dinanzi al vero è proprio suicidio culturale di "color che sanno" o dovrebbero sapere.
Per fare solo un esempio, di un problema non solo italiano:  sui Social anche il più bravo degli scrittori è costretto, volente o nolente,  a banalizzare tutto, e, cosa ancora più grave,  ad assumere il tono irriguardoso dei suoi  incolti interlocutori.  Perché?   Se non si è sui Social non si esiste:  ecco l'agente motivazionale, il moltiplicatore sociale  del riduzionismo culturale. Insomma, digito, ergo sum...
Si può fare qualcosa? Difficile rispondere. Le trasformazioni sociali, una volta istituzionalizzatesi,  proprio per le leggi dell’ emulazione socio-culturale (quindi dei processi collettivi di inclusione-esclusione)  assumono forza propria.  E tornare indietro, finché il processo non si è concluso  - il che sul piano storico, di regola,  rinvia a tempi lunghi -   è praticamente impossibile.  Le società, anche le più rivoluzionarie, in realtà sono conservatrici. L'uomo teme il cambiamento, fino a quando - ma anche qui con eccezioni -   non  deve scegliere, in termini di aut aut,  tra il mutamento culturale  e la sua conservazione sociale, talvolta  addirittura nei termini ultimativi della pura conservazione biologica.  
La cultura della  “grande semplificazione”, per il momento sembra avere la meglio. E soprattutto, essere compresa da tutti.  Anche sul piano politico, come si può notare.  Il populismo, in qualche misura,  è  l'autobiografia politica della  società di massa.  Probabilmente, una volta sviluppatosi compiutamente, innescherà processi, anche politici, di segno contrario. Difficile però dire quando e come. Per parafrasare Alberto Sordi, se ci si passa la battuta, i processi socio-culturali sono i processi socio-culturali e gli uomini, di regola, finiscono per  non contare, eccetera, eccetera.

Carlo Gambescia