giovedì 7 dicembre 2017

Finalmente Trump ne ha azzeccata una
L' anno prossimo (tutti) a Gerusalemme



Se Obama, un politico che piace alle gente che piace, avesse preso la stessa decisione di Trump (riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele),  probabilmente  le reazioni internazionali sarebbero state meno dure, soprattutto in Europa.  Diciamo allora  che Trump,  che invece non piace alla gente che piace,  resta l’uomo sbagliato.  Che però, una tantum, ha fatto la scelta giusta.   
Però il punto non è questo. La vera questione è perché, nonostante Netanyahu abbia dichiarato “che non ci sarà alcun cambiamento nello status quo dei Luoghi Santi” e che “Israele assicurerà sempre libertà di culto a ebrei, cristiani e musulmani”,  si sia scatenata una  campagna contro  uno stato  che, per affinità di valori e interessi,  è l’unico vero e  leale  alleato dell’Occidente  in un'area geopolitica tormentatissima. Quindi un partner strategico da sostenere a tutti i costi. E invece? Si rema contro,  facendo il gioco dei nemici dell’Occidente. E dunque anche dell' Europa e dell'Italia: quest'ultima, detto, tra parentesi, per ora, si finge morta. Staremo a vedere fino a quando.  
Come il lettore può notare, non ne facciamo una questione etica,  il punto è politico. L’idea stessa del processo di pace,   sbandierata dai nemici di Israele, è un cavallo di Troia per dividere la pubblica opinione interna ed esterna (particolarmente in Occidente) al mondo ebraico,  cosa che fortunatamente non è ancora avvenuta. O almeno non del tutto. 
Il vero punto non è il processo di pace tra israeliani e palestinesi, ma la sicurezza dello Stato d'Israele, accerchiato da vicini ostili.  Pertanto, se processo di pace  deve essere,  esso  non può non concernere, nella sua estensione, l’intero Medio Oriente. Che senso ha, discutere con i palestinesi, se l’Iran, solo per fare un esempio,  resta ostile? Pronto a colpire?   
Di qui, la necessità di alleati forti,  per sedersi a un ipotetico tavolo di pace globale (nel senso dell’area mediorientale),  da posizioni di assoluto controllo della situazione.  Ecco perché la scelta di Trump è giusta: pone precisi paletti, evidenziando la posizione pro-Israele degli Stati Uniti. Solo così si  favorisce  il processo di pace:  chi tocca Israele, tocca gli Stati Uniti, il più potente stato della terra,  quindi, meglio trovare un accordo, se non si vuole essere distrutti.  Ecco  il senso del messaggio. Forte e chiaro.
Ovviamente, bisogna tenere  conto della natura lunatica del personaggio-Trump.  Come della possibilità che venga defenestrato, benché  Pence, il vice, offra,  al momento, garanzie di continuità.
Insomma, il succo è questo:  chi vuole la pace non deve temere la guerra.  Anche se, in  realtà,   non siamo sicuri che il tycoon  abbia capito del tutto  il concetto. Mentre Israele sì. E da un pezzo. Europa e Italia, no. E così  remano contro.   
Non lasciamo soli i nostri Fratelli Maggiori. L' anno prossimo  tutti a Gerusalemme. Capitale dello Stato Ebraico, per dirla con  Theodor Herzl, il Mazzini d'Israele. 


Carlo Gambescia