sabato 2 dicembre 2017

Fascisti, e non per caso
(a proposito dell’articolo di ieri)


 Alcuni amici di destra -  parlo di conversazione private -  mi hanno fatto notare che l' articolo di ieri,  “Fascisti su Como” (*),   farebbe il gioco di una “cultura del politicamente corretto”, di sinistra, che sta montando un caso per ragioni puramente elettorali.
Che certa sinistra “ci marci”,  come ho scritto sempre ieri, credo sia indubitabile. Come ritengo sia   innegabile  che la destra post-fascista, in tutte le sue componenti (prima il Msi, poi An, ora i suoi frammentati derivati),  non ha  mai  fatto  nulla per superare la storica  contraddizione, nei riguardi dell’eredità fascista,  tra il  vertice  mussoliniano  e i militanti, ai vari livelli, dalle spiccate  simpatie nazi-fasciste.  Contraddizione, dimostratasi, politicamente involutiva.
Il conservatorismo verso l’ideologia fascista, sia nei suoi aspetti di regime che di movimento, per dirla con De Felice, ha sempre prevalso su tutto il resto. Si trattava e tratta  di una questione strutturale. Che va al di là delle qualità  dei  leader che si sono succeduti nel tempo. Non si è mai fascisti per caso.
Per fare solo un esempio:  a qualche anno di distanza dalla  fin troppo  frettolosa  Bad Godesberg nera di Fini, nel 1995 a Fiuggi,   la stessa ala intellettuale,  dei  "fare-futuristi",   che appoggiava  i contorcimenti politici del delfino di Almirante per affondare  Berlusconi, si trovò a insistere, sfiorando il ridicolo,  sull’esistenza di un fascismo libertario.  Confondendo quella che fu  - ammesso e non concesso, eccetera - una variante politico-culturale, comunque antidemocratica, quindi interna alla dittatura,  con la tradizione  liberale e della  democrazia rappresentativa, antitetica al fascismo, come regime e come movimento.  Quanto a  coloro che avevano  rifiutato  persino la cosiddetta  svolta di Fiuggi, crediamo sia  preferibile, anche perché non sono più tra noi,  stendere un velo pietoso.
In realtà,  Alleanza Nazionale  non ha mai voluto  - o comunque potuto, sociologicamente potuto, il che però non deve suonare come un'assoluzione -   fare i conti con l’eredità fascista  nei due aspetti del regime e del movimento, rifiutando,  nei fatti,  di  trasformarsi in un partito liberal-conservatore, magari con le  necessarie aperture verso il capitalismo sociale di mercato, come sosteneva Giano Accame, l’unico intellettuale di quel mondo, capace di vera autocritica e di resistere al rozzo richiamo della foresta. 
Si dirà: come  abiurare però  a un "patrimonio" ideologico ( "regimismo" +  movimentismo),  grazie al quale il Msi, in termini di strutture politiche,  era vissuto di rendita fino a Tangentopoli?  In effetti, sociologicamente parlando,   il "fatto organizzativo"  non poteva  non  fare il paio con il "fatto sicurezza", ossia  con  il   gattopardesco bisogno di routine politico-amministrativa, routine, secondo alcuni, addirittura a sfondo carismatico, quale  frutto  di un'antica obbedienza sacramentale al duce-segretario di turno. Eppure, la potenziale  base elettorale, una volta caduta la pentapartitocrazia, esisteva.  E del resto, l’elettorato storico missino, ristretto e fluttuante (soprattutto ai suoi confini), era molto più conservatore e sistemico dei quadri del partito,  invece fascisteggianti e antisistemici.  A dirla tutta, le  simpatie mussoliniane dell'elettore missino  come capita talvolta a teatro davanti alla deludente performance di un vecchio attore,  erano  applausi  più  di stima che sinceri.
Insomma, l'elettorato neofascista  poteva evolvere. E' mancata invece, per ragioni strutturali, l'evoluzione della classe dirigente post-missina, incapace di  uscire dalla casamatta -  sintetizzando - del  "credere, obbedire e combattere".  Sicché  l’iniziale consenso elettorale, che aveva portato An quasi a   triplicare i voti, si è  perduto lungo la strada, insieme all’occasione storica di dare vita a una destra democratica e sistemica.  E cosa ne è stato dei  partiti e  partitini, proliferati dalla decomposizione della destra finiana,  che si atteggiava a destra libertaria ma non liberale?  Sono tornati all’ovile.  
Si segua, ad esempio,  il dibattito  tra le varie  fazioni,  soprattutto quello politico-culturale su riviste e rivistine, sembra essere tornati agli  anni  Ottanta, il periodo più buio del Msi:  quello  della ridotta almirantiana, del "Noi contro Loro" e  della "Lotta al Sistema".
Pertanto nessuna meraviglia se si levano voci  pronte a rivendicare, una volta dal lato regime, un'altra da quella del movimento,  la  purezza degli ideali  fascisti, variamente interpretati, ma sempre all'interno dello steccato del  politicamente corretto fascista. Voci, comunque sia,  unite, come un sol uomo,  nel difendere, con regolarità cronometrica,  "quei poveri giovani la cui unica colpa è quella di amare  l'Italia"...
Purtroppo, si tratta di un film già visto.    
Carlo Gambescia