mercoledì 1 novembre 2017

 New York,  sotto il tiro del terrorismo islamista
All’ombra delle spade



Sembra che il micro-terrorismo  islamista, il terrorismo improvvisato dell' autovettura lanciata contro la folla inerme,  abbia colpito il "cuore dell’Impero", New York, per usare la  terminologia cara  all’antiamericanismo che fa tifo per l’Islam. 
In realtà,  l’attacco terroristico di ieri prova che la sindrome europea si è estesa agli Stati Uniti. Parliamo di  nuovo anarchismo terrorista,  che a differenza del vecchio, che un tempo colpiva re, presidenti e principi, si è democratizzato, colpendo  le persone comuni.  Ovviamente, i fondamenti ideologici sono differenti, ma la tecnica, è la stessa: un attentatore isolato, che al  colpo di pistola, ha sostituito  un colpo di acceleratore.
Purtroppo, siamo davanti  ad atti terroristici, proprio perché individuali, difficili da prevenire e contrastare. Come impedire  infatti, che  uomini comuni uccidano  altri uomini comuni?  Apparentemente,  dal punto di vista della tecnica esecutiva,  sono   atti  simili a quelli  del padre di famiglia che impazzisce, compiendo una strage. Con una differenza fondamentale, però: un genitore prima di impazzire lancia dei segnali,  il terrorista individuale,  no:   li nasconde, per poi  uccidere nel modo più economico. Cosa esiste di più semplice del salire in macchina e lanciarsi sulla gente a passeggio? Difficile dire.
Come venne sconfitto terrorismo anarchico, a sfondo individualistico?  Che fra Otto e Novecento insanguinò l’Europa? Rafforzando le difese intorno a re, presidenti e principi, punendo esemplarmente i colpevoli.  Nonché,  cosa più importante,  con una grande rivoluzione dei consumi, che ne   recise le radici sociali e politiche. Detto altrimenti: la  società del benessere come arma finale. 
Purtroppo,   difendere la gente comune è difficile, se non del tutto impossibile,  quasi come il punire esemplarmente, in una società che crede più al valore rieducativo della pena che espiatiatorio.  Quanto alla società del benessere, l’Islam, è totalmente estraneo al modello di vita occidentale: sull'uomo comune, anche se in parte occidentalizzato, grava (semplificando) un senso di colpa medievale.  Se per gli anarchici il paradiso si poteva costruire su questa terra, per l’islamico è altrove, in cielo.  Di qui la difficoltà di intraprendere, senza averne prima  spezzato militarmente la spina dorsale ideologica, qualsiasi processo di secolarizzazione-integrazione.  Sul punto ritorneremo nella chiusa.  
Secondo alcuni si dovrebbero chiudere le frontiere. Il che, ammesso e non concesso che sia giusto sotto il profilo economico e umanitario,  potrebbe preservarci per il futuro. Ma per il passato? Come si scopre, dopo ogni attentato, il  terrorismo individuale,  è un fenomeno di seconda generazione, riguarda i cosiddetti integrati.  Che fare allora? Deportare tutti gli immigrati di fede islamica, magari naturalizzati? Oppure chiuderli  dentro nelle Homeland, come si faceva nel Sudafrica razzista?
Probabilmente, nulla di tutto questo potrà  accadere,   fino a quando il tasso  di rischio -  tasso difficile da stabilire perché varia da società a società -  sarà, come per altre forme di criminalità, metabolizzato dai cittadini,  mettendo nel remoto conto delle “cose normali”,  la  possibilità di essere scippati, rapinati, feriti e uccisi, anche in un attentato. Diciamo che il punto di sintesi di un tasso  di rischio, quasi al limite ma ancora gestibile, è rappresentato  dal  modello di sicurezza israeliano. Uno standard, a dire il vero, già abbastanza lontano, perfino al momento, dalla nostra microfisica lassista della protezione dai crimini,   comuni  o terroristici.
Se invece, l’incidenza del rischio, dovesse crescere,  la richiesta di contro-assicurazione da parte dei cittadini  potrebbe diventare insostenibile, influendo,  fino a demolirlo, sul sistema di libertà  che contraddistingue le nostre società. Oltre Israele, dunque. E verso che cosa? Difficile prevedere. Di sicuro c'è solo che purtroppo, alla fin fine, gli uomini alla libertà preferiscono sempre la sicurezza.
Come uscirne? Come evitare la crisi della società aperta? Difendendola, cominciando dal fronte esterno, prima che la situazione dell'ordine pubblico interno precipiti ed evolva verso lo stato di polizia. Il messaggio vincente  che dovrebbe filtrare tra quei popoli  è quello  di un Occidente forte,  che non teme nessuno, disposto a imporre il suo ordine per altri dieci secoli. Anche con la forza, come impongono, quando occorre, le costanti del politico (o metapolitiche).  In modo diretto, senza ricorrere a infide truppe mercenarie,  sempre pronte  a cambiare bandiera. Insomma,  dire forte e chiaro, che non c’è scampo per i nemici: o piegarsi  alla "religione" della libertà o perire in battaglia. Tertium non datur. Dopo di che, se necessario,  mettere in pratica,  come i Romani con  Cartagine. Ma,  al tempo stesso,  pronti ad accogliere coloro che si sottomettano pacificamente. 
Fantapolitica, per un Occidente, disunito,  che spera di piegare il nemico, a colpi di musica rock… Il che, in fondo,   avrebbe anche un senso ideologico,  ma  dopo.  All’ombra delle spade. 

Carlo Gambescia