venerdì 3 novembre 2017

 World Press Photo 2017  
Le foto di scena 
di Burhan Özbilici




Burhan Özbilici, fotografo turco, ha  vinto il  World Press Photo di quest’anno. Riprendiamo la notizia dalla  “ Stampa” (*),
I suoi scatti  hanno  immortalato l’esecuzione dell’ambasciatore russo, Andrei Karlov,  in una galleria d’arte di Ankara,  sotto i colpi  di un colletto bianco della polizia,  forse  affiliato all’Isis,  Mevlut Mert Alrintas. Motivo: per   protesta contro intervento russo in Siria.
Le foto sembrano  di scena, per quanto sono tecnicamente  perfette. Troppo.  E non poteva essere così, anche a detta del fotografo, per le condizioni ambientali, assolutamente ideali,  che ricordavano quelle di un set.  Insomma, sono foto  che sembrano  più vere di quel che appaiono.  Si potrebbe addirittura parlare di iper-realtà, per dirla con uno sciamano della sociologia, Baudrillard. Siamo davanti  a qualcosa che appare più reale della realtà stessa. Al punto che  si rischia l'effetto hollywood.  
Tutti conoscono le paginette di Benjamin, comunista dal cuore aristocratico, sulla fotografia come moderno strumento seriale di riproduzione della realtà in una società di massa. Özbilici però,  riproduce la morte, che è un fatto unico, almeno per l’ambasciatore, nonché si sofferma sullo  sguardo allucinato, altrettanto unico, dell’assassino (ogni allucinato è allucinato a modo suo, come la famose famiglie di Tolstoj).  
La serialità di una riproduzione tecnica s’incontra con l’unicità di un evento. Diciamo, però,  nel posto sbagliato: un leccatissimo vernissage, con tutte le luci negli angoli giusti.  Che dire?  Troppo belle per essere vere.  Raccontano, per fotogrammi,  un film, non la realtà. Che poi quegli eventi siano realmente accaduti è un’altra storia… 
La  foto  di  Özbilici non andavamo premiate. Sono all'altezza di un Book. E neppure per sua colpa: Özbilici si è trovato lì, e non poteva non scattare.  Ovviamente, questo nostro  giudizio,  può avere valore solo  dal punto di vista dell’ arte  fotografica.   Non da quello  etico-politico, della foto come pedagogica stigmatizzazione pubblica di un atto terroristico. Ma la fotografia è una cosa, la politica un’altra.  O no?

Carlo Gambescia