martedì 31 ottobre 2017

 Il caso  Weinstein
Si fa presto a dire orco…



Harvey Weinstein, il produttore,  è stato dipinto come un orco.  Può darsi che lo sia.  Vogliamo però provare ad andare oltre? Tentando di  squarciare  la pesante coltre di isteria  che sembra  impedire qualsiasi approfondimento sociologico?    
Innanzi tutto va fatta un piccola premessa. A molti maschi non piace ammetterlo, ma il Novecento passerà alla storia come il  secolo del femminismo. L’ingresso delle donne in tutti i campi della vita sociale,  soprattutto nella seconda metà del secolo, inevitabilmente ha  portato una rivoluzione nei costumi. Per i conservatori, è segno di decadenza, per i progressisti di uguaglianza. I primi deprecano la femminilizzazione dell’uomo, i secondi inneggiano alla lotta dei sessi -  come prima  celebravano la lotta di classe -   e alla conquista di una totale  parità, formale e sostanziale. 
Le società però, pur risentendo dei processi innovativi, hanno ritmi più lenti legati alla  stratificazione socio-politica,  stratificazione che nonostante l’incombente rivoluzione  femminista, è tuttora a dominanza maschile, almeno  nei posti chiave. Per alcuni lettori, interessati al residuo di potere maschile,  ciò può essere una fortuna.  
In realtà, questa discrepanza -  per venire al finalmente al  punto  -  crea inevitabilmente  conflitti, come quello sulle molestie.  Il residuo potere maschile, in alcuni settori chiave, tra le varie forme di veto,  impone   prestazioni sessuali, come rimozione degli ostacoli  all’ingresso  in  un mercato ristretto, molto ambito, perché altamente remunerativo, come quello dello spettacolo.  Si esercita, insomma, un potere posizionale ( legato alla posizione nella scala del potere) dell'uomo sulle donna.   
La parità  può sciogliere questo nodo ? No.  O comunque non del tutto.  Facciamo però  un passo indietro.
L'intera questione  rinvia all’economica (sociologica) del potere.  Un fatto sociale che preesiste formalmente  a prescindere dai contenuti. Se ci fosse la parità sostanziale, il potere di veto,  lo eserciterebbero uomini e donne insieme, attenzione però:  sulla base della stratificazione sociale.  Se invece fossero la donne a predominare sarebbe usato esclusivamente  sugli  uomini, come ora succede al contrario. Quindi, guai ad aspettarsi troppo, sul piano etico-politico,  dalla parità.  La stratificazione del potere  non si può cambiare per legge. Il  grande Roberto Michels parlò, per l'appunto, di ferrea legge delle oligarchie. Che possono essere maschili, femminili e "miste". 
Ovviamente, in un clima di lotta dei sessi e di battaglia per i diritti, le molestie maschili diventano, sul piano retorico, un argomento fondamentale, soprattutto mediatico, contro il potere maschile.    
Se però  si getta lo sguardo oltre  il fumo etico-politico, si può facilmente scoprire  che  il nodo riguarda il possesso di risorse scarse, all’interno di un mercato ristretto. E il sesso è uno dei canali di accesso.  Tutto qui.
C’è una soluzione? No, perché  il potere si riproduce e si ridistribuisce in chiave cumulativa e ristretta: riguarda pochi eletti. Del resto se un potere  non è di pochi, che potere è?  Il diritto di veto, per così dire, appartiene naturalmente a  chiunque sia al comando.  Ovviamente, può riguardare, anche altre sfere sociali, non solo  la sessuale.   
Perciò, una  volta al potere - uomini o donne che siano -  inevitabilmente, si mettono e si pongono ostacoli "all'ingresso":  il potere è un dio geloso.  Il che significa, come accennato, che, dopo le  tante chiacchiere di questi giorni, un giorno, anche abbastanza prossimo,  potrebbero essere le donne produttrici  a molestare gli uomini attori.  
È la sociologia bellezza…    

Carlo Gambescia