mercoledì 6 settembre 2017

  Facoltà di Medicina, oggi i test di ammissione 
Numero chiuso?
Una fabbrica al servizio dei parassiti



Oggi quasi settantamila studenti  provano a  diventare medici. Tentano, insomma. Auguri ragazzi. Purtroppo,  solo uno su sette riuscirà a iscriversi  (1). Di quei diecimila "vincitori",  asseriscono le  statistiche (che includono però anche Farmacia),  solo cinquecento  non riusciranno a prendere la laurea in medicina . 
Ciò significa che il numero chiuso funziona?  No.  perché nelle  altre Facoltà, sempre con le stesse regole di ingresso,  il tasso di abbandono è intorno al quaranta per cento.  Sicché,  l’Italia  è al penultimo  posto come numero di laureati:  tra Turchia e Romania. La media Ue (a 15  e  27 paesi) è intorno al 37 per cento:   noi siamo al 24,2 (2).
E allora Medicina? Diciamo che la motivazione, come comprovano le inchieste, di coloro che scelgono questa facoltà  è fortissima.   Lo status  del medico, nel senso della considerazione sociale, quindi un dato  che va oltre la remunerazione economica,  è  tuttora  elevato.  A differenza di altre categoria, come ad esempio gli insegnanti, precipitate  nel “gradimento” sociale.  Inoltre,  per Medicina va considerata la severità degli studi,  severità  che condivide con altre Facoltà Scientifiche, da Ingegneria e Fisica e Matematica (dove il tasso di abbandono è altrettanto basso).  
Dove vogliamo andare a parare? Che, se i fattori in gioco sono la motivazione e la severità degli studi, il numero chiuso nulla toglie o aggiunge. Quindi  è perfettamente inutile.  Probabilmente, se si "lasciasse fare"  al  “mercato delle iscrizioni universitarie,  nella  rete delle professioni mediche resterebbe qualche giovane  “pesciolino”  in più,   intelligente e preparato,  ora escluso dai proibitivi costi di ingresso. 
Il numero chiuso, a differenza di quanto si dice, non è uno strumento meritocratico,  ma soltanto una scelta   funzionale  al  sistema  pubblico di istruzione,  che, riducendo il numero degli studenti, taglia i costi, cosa  che di solito si tace.  Salvo promettere, dove l'istruzione è pubblica,  investimenti statali che mai verranno,  a causa della cronica crisi fiscale dello stato welfarista, altra questione di cui non si parla.  
Sulla meritocrazia reale delle barriere di ingresso  la dice lunga lista  dei casi di corruzione, venuti alla luce - quindi, staticamente, il sommerso sarà quattro cinque volte di più -  in occasione delle prove di ingresso. E non solo a Medicina.  
La meritocrazia, imposta dall'alto, è un mito socialista. E anche di quei liberali che in un libro abbiamo definito "macroarchici". Tradotto: liberalsocialisti.  Invece, bisogna lasciar  fare al "setaccio" sociale, senza alcuna interferenza di tipo politico. Perché,  è statistico, alla fine,   a parte i casi  delle persone estremamente fortunate e sfortunate, nella media, ognuno di noi riceve esattamente quel che merita.  E la società , in particolare quella aperta, si avvantaggia socialmente ed economicamente proprio di questa distribuzione media.  Come, tra l'altro,  riteneva  già  Aristotele, il cui forte non era la statistica. In fondo si tratta solo di buon senso. Magari sociologico.
Non ne facciamo  perciò una questione di diritto allo studio, argomento "socialista", “sindacale”, "umanitario", di cui  spesso  abusa chi vuole influire, provocando disastri sociali, sulla distribuzione media. Il punto  vero, è di tipo economico:  quanto più un mercato è aperto, tanto più i costi si abbassano, tanto più i consumatori ne beneficiano. Detto altrimenti,  più studenti, più medici, più concorrenza, più costi bassi  dei "servizi" per tutti.
Naturalmente,  all’eliminazione del test di ingresso, si oppongono i burocrati  pubblici  e i medici. I primi, come detto,  per ragioni di costi, i secondi, per ragioni  corporative: più una minoranza è tale, più resta facile, controllare, in chiave economica e sociale,  la maggioranza disorganizzata, per così dire, dei pazienti, soprattutto potenziali. 
Concludendo, il numero chiuso, soprattutto in un sistema sanitario a monopolio pubblico, come quello italiano, oltre ad essere di  intralcio al mercato  si afferma come  una forma di protezionismo sociale. Detto altrimenti:  una  fabbrica al servizio dei  parassiti.

Carlo Gambescia              
                      


(2) http://www.corriereuniv.it/cms/2016/05/universita-rapoporto-anvur-2016-crescono-le-immatricolazioni-pesa-la-scarsita-risorse