lunedì 28 agosto 2017

"Tannbach",  la fiction sulla Germania divisa in due
 La Rai (finalmente) ha scoperto il totalitarismo comunista. 
E gli italiani?




In questo torrido fine agosto, va registrato un piccolo evento mediatico-politico: la “scoperta” da parte della Rai  di che cosa è stato il comunismo nei cosiddetti paesi satelliti e in particolare nella Germania dell’Est. E, cosa importantissima, usando nomi e cognomi.  Ad esempio, ancora oggi quando in tv ( sempre Viale Mazzini e dintorni)  si ricordano le  Foibe, non si parla dei comunisti jugoslavi  ma dei soldati di Tito… Si ha ancora paura di  ammettere la catastrofe comunista,  evocando  quell’ ipocrita, sordido e sbagliato principio, che le idee erano nobili, ma purtroppo la carne debole. Quindi Stalin, fu un incidente di percorso,  eccetera, eccetera. Torneremo sul punto specifico più avanti.
Di che cosa parliamo in particolare? Della messa  in onda di una miniserie tedesca, in due parti, dedicata alla Germania tra il 1945 e il 1952, dal titolo emblematico: “Linea di separazione” (Tannbach - Schicksal eines Dorfes, tradotto letteralmente, più o meno, Il Destino di un villaggio: Tannbach). 
Però il tragico  destino  non è  quello  dell’arrivo  della  Guerra Fredda, vista  come una specie di inevitabile temporale storico, che si abbatte all’improvviso su un fittizio villaggio tedesco (esistito però veramente, con altre decine e decine di cittadine simili)  al confine tra Est e Ovest,  come si legge  nel comunicato dell’Ufficio Stampa Rai ( e persino nella  omonima Wikivoce italiana).  Ma si tratta   dell’invasione dei  comunisti russi,  con al seguito quelli tedeschi, tutti insieme affamati di vendetta, che, nel dopo Yalta, rilevano le truppe  americane, giunte per prime. E, dopo  stupri e  sommarie esecuzioni,  dividono in due il villaggio, cominciando subito a espropriare, deportare e rieducare.   
Al di là delle  inevitabili  ricadute soap (la famigerata libbra di carne televisiva ), la fiction ribadisce un concetto fondamentale: che il cattivo funzionamento  del comunismo, fin dall’inizio, è questione di strutture, non di uomini.  Si può  essere  idealisti purissimi, credere sinceramente nell’idea, come alcuni personaggi della miniserie  ma, in ultima istanza, la macchina oppressiva del totalitarismo finisce  sempre per avere la meglio sulle migliori intenzioni. 
Un  altro aspetto interessante, in particolare delle prime battute della fiction, dove spicca tutta la bestialità di un nazismo agli sgoccioli,  è  l’assimilazione,  sociologicamente  corretta,  tra nazismo e comunismo,  i  due volti del moderno totalitarismo. Concetto, quest’ultimo,  ancora difficile da digerire, per coloro, e non sono pochi, che sulla base delle intenzioni  continuano ad assolvere il comunismo.  E questo è un altro  grande merito di "Linea di separazione".  
Ammettiamo candidamente di nulla sapere sul conto del  giovane regista, Alexander Dierbach, né su quello degli   attori,  né sulle  reazioni in Germania.  Perciò sarà  benvenuto qualsiasi approfondimento da parte dei lettori in argomento.
Ultima questione. Gli italiani hanno gradito? Come sono andati gli ascolti?  Non malissimo. Share però, nel complesso, bassino  La Rai gioca sempre sul sicuro:  ha sdoganato il concetto di  totalitarismo comunista, dopo l' archivazione collettiva o quasi,  per la serie l'ultimo spenga la luce e chiuda la porta.  
Ecco le cifre: un milione di spettatori circa per la prima puntata di venerdì 25 agosto (share del 6.56 per cento); settecento mila o poco più per la seconda di sabato 26 agosto (share del 4,71 per cento). Probabilmente,  sono venuti meno 300 mila irriducibili comunisti… O 300 mila vacanzieri. O metà e metà…  
La nostra è una battuta… Fino a un certo punto però. Perché, i primi, attestano che la religione comunista  ha sempre i suoi fedeli, i secondi, che il comunismo ormai annoia. Soprattutto durante la vacanze.  E tutti e due insieme,  che comunismo e vacanze sono l’oppio dei popoli…

Carlo Gambescia