martedì 1 agosto 2017

Prodi, Campi e l’ “interesse nazionale”
Arte della sopravvivenza





Che cos’è  l’interesse nazionale?  Di sicuro non può spiegarcelo Romano Prodi, che voleva svendere la Sme al finanziere Carlo De Benedetti (1). E neppure Alessandro Campi, collega di penna al “Messaggero” dell’ex Presidente della Commissione Europea, che,  pur di compiacerlo,  cita Prodi, per aver spronato l’Italia, in un sermone domenicale  anti Macron,  “a uno scatto d’orgoglio e un  atto di resipiscenza politica” (2).  
Purtroppo, non ci sono le basi. Come vedremo.
Intanto, per dirne solo una,  chissà cosa penserebbe un redivivo Carl Schmitt,  di un suo ex cultore italiano  -  Alessandro Bambi, per i  noti stupori, cade spesso dalle nuvole... -   che ora invece chiosa l’opera di un  professore  dossettiano,  che di politica non ha mai capito nulla. E neppure di economia, secondo alcuni. Meglio stendere un velo pietoso.
Ma il punto è un altro.  Da noi nessuno mai coltivò  il goloso pomo dell' interesse nazionale: semplificando, l'Italy First.   A parte, ovviamente,  il Risorgimento -  il nostro nation  building - dove fu più che esplicito. E non poteva essere diversamente.
Dopo di che,  l’Italia, potenza medio-piccola, si vide costretta a barcamenarsi e ridefinire il proprio interesse nazionale  sulla base dell’interesse altrui.  Si chiama “arte della sopravvivenza”.  Ecco il “nostro interesse nazionale”: sopravvivere, come un  vaso di terracotta costretto a viaggiare tra vasi di ferro. Quindi,  grandi ideali di pace,  sorrisi, strette di mano. O se si preferisce:  quel  dire di sì a tutti, per poi non fare un cazzo (pardon). Quieta non movere et mota quietare.  Tutto qui.
Pertanto, non  è questione di instabilità politica, di assenza di grandi scuole, di élite rissose e impreparate, di visioni non condivise, bensì di risorse economiche e tradizioni militari, deficit che vengono da lontano.   La riprova  è fornita dal  fascismo  che, serrando le mascelle,  pose l’interesse nazionale al primo posto.   E  fallì clamorosamente proprio sul piano militare ed economico. Perché mancavano  l’uno e l’altro.   La storia, come longue durée, si vendicò così dell'improvvisato sguardo,  maschio e truce,  di  Mussolini,  puro sottoprodotto dell' histoire événementielle. 
Dopo di che,  le italiche genti - per chi ami le chiuse tacitiane -  ripresero  il corso di sempre. 
Carlo Gambescia 

Nessun commento: