giovedì 13 luglio 2017

 La blacklist del Codacons sui
 senatori che voteranno a favore del decreto sui vaccini


“Collettività”, parola magica




Un tempo si chiamavamo liste di proscrizione. Si usavano per i nemici del re e della chiesa. Poi dei dittatori, oggi del popolo. Infatti  le motivazioni, avanzate da Carlo Rienzi,   presidente del Codacons, sono  chiaramente populiste e si riducono alla solita questione dei presunti legami sistematici tra governo e case farmaceutiche.

“Pubblicheremo sul nostro sito web la lista nera con i nomi dei senatori che si esprimeranno a favore del decreto 'vergogna', e chiederemo agli italiani di ricordarsi di loro alle prossime elezioni e di non votarli. Questo perché il decreto sulle vaccinazioni presenta una serie di criticità e di errori tali da rappresentare un enorme danno per la collettività - sostiene Rienzi - trasferendo 1 miliardo di euro dalle tasche dei cittadini a quelle delle case farmaceutiche.” (*)


Un nesso,  ritenuto non solo scontato, ma, come dire, anche provato scientificamente, negli stessi termini -  se si va a grattare la superficie retorica -  del materalismo storico marxiano che, come  noto, liquidava la  politica  come  comitato d'affari della borghesia . Che finezza di pensiero. Auguri.
Quel che in realtà  dà  fastidio, non è tanto (o solo) la posizione di un gruppo di pressione (il Codacons) che, eventualmente, si oppone, ad altri gruppi di pressione (le case farmaceutiche, ad esempio), bensì l’approccio manicheo: il Codacons è il bene, tutto il resto il male.  Anzi peggio, parrebbe infatti,  come per altre “battaglie” a tutto campo  di Rienzi,  che  anche  questa volta  siamo dinanzi  a un demoniaco complotto permanente  contro il povero cittadino, vittima di una qualche massa gelatinosa di lovecraftiana memoria : i mostruosi  e vischiosi  interessi privati, contro la "collettività"…  Quindi, per fortuna  che il Codacons  c’è. Tutti a iscriversi...
In realtà, l’approccio manicheo, non aiuta.  Certo, in politica e al tempo dei Social, chi urla più forte ha maggiori possibilità di vincere e convincere. Ora, ammesso e non concesso che le case farmaceutiche ci guadagnino sopra,  non si capisce perché lo stesso metro, dell’interesse,  non possa essere esteso al Codacons, che ha i suo capi, capetti, le sue ambizioni politiche, la sua organizzazione, i suoi costi, eccetera, eccetera. Per carità tutto trasparente, tutto a norma di legge.  Ma basta aver letto  Michels per sapere che, sociologicamente, ogni organizzazione, come qualsiasi altra istituzione sociale, non vive per gli altri, bensì per se stessa: primum vivere.  Insomma, ha un interesse privato. Tutto il resto, nel bene e nel male,  si chiama effetto di ricaduta. Di che cosa? Di quella mano  invisibile, come insegnava Smith,  che  tramuta  l’ interesse individuale in  collettivo. La realtà sociale non si costruisce a tavolino: non si pianifica insomma,  perché   è il portato involontario  di miliardi di azioni  di individui che perseguono i propri interessi, materiali e immateriali. Quindi, per metterla in gergo calcistico: Codacons 1 - Imprese Farmaceutiche 1.  
Perché allora la gente comune crede di più  a Rienzi e meno alle imprese farmaceutiche.  La spiegazione è facile. Perché per il Codacons vale la magica parolina collettività, che invece non vale per le case farmaceutiche, che difendono, e non potrebbero fare diversamente, i propri interessi particolari.
Il vero  punto allora è quello politico-linguistico e concerne  una specie di divinità sociale: la collettività,  entità fantasmatica nel cui magico nome tutto è permesso e concesso.  Purtroppo,  siamo davanti ai "residui" (nel senso paretiano di  qualcosa di profondo, che permane) di una visione politica che rinvia all'immaginario  socialista, comunista,  fascista, nazista, ideologie totalitarie per le quali la società è tutto l’individuo nulla.   
Sono idee talmente radicate -   soprattutto in Italia dove pesa l’olismo cattolico -  fino al punto che chiunque si erga e parli in nome della collettività, per statuto, viene considerato quanto meno in buona fede.  Mentre chiunque tenti di fare impresa,  perseguire  profitti, innovare, eccetera, viene visto, piuttosto male, spesso malissimo,  come portatore di interessi  singolari  privati, individuali, particolari, personali che si oppongono e stridono con tutto ciò che è collettivo, comune, pubblico, sociale, generale, unanime. Secondo l'immaginario "collettivista", in ogni imprenditore, per farla breve,  si nasconderebbe un nemico del popolo.
Eppure se oggi siamo più sani, più belli, più ricchi,  il merito è del mercato e della libera impresa. Tradotto: degli interessi particolari. Non collettivi. Interessi, questi ultimi, che tra l’altro esistono solo sulla bocca dei profeti sociali e dei  sodali, tutti sociologicamente portatori, talvolta neppure sani, di interessi privati.
Purtroppo,  su queste basi, profondamente  radicate nella dicotomia, pseudo-religiosa, a sfondo magico,  tra il puro (il collettivo) e l’impuro (il privato)  qualsiasi  conflitto distributivo diventa una lotta tra il bene e il male.   Il che spiega le liste di proscrizione.



                                                                                                                  Carlo Gambescia