martedì 16 maggio 2017

La Cassazione sul pugnale sacro dei sikh: 
“I migranti devono conformarsi ai nostri valori”

Una sentenza  sociologica

 





Come definire la sentenza della Cassazione (*) che  stabilisce che “i migranti devono conformarsi ai nostri valori” ?  Sociologica.   Eppure, spunteranno fuori coloro che  in nome di un libertarismo, sicuramente coerente ma ideologico, o meglio dottrinario, difenderanno   la libertà di girare armati, portandosi dietro un coltello lungo venti centimetri. E in modo legittimo,  poiché,  come evidenzia  il ricorrente,  un sikh, residente in Italia,  il  kirpan (il  pugnale nella foto),  come il turbante,  è  un  simbolo,  e portarlo con sé  costituisce l’adempimento di un dovere  religioso .
Insomma, libertà religiosa for all and forever. Il che sul piano ideale è nobilissimo, senonché la questione sembra essere  più complessa. Per quale ragione?  Perché rinvia all'interessante contrasto tra coerenza ideologica e  realtà sociale, tra libertarismo e convivenza sociale, tra  filosofia politica e sociologia.  Se il punto è questo, può bastare la bacchetta magica dell'etica della convinzione? 
Cerchiamo di spiegarci meglio.  Due sono le  possibilità:  se lo scopo (filosofico-politico)  della vita umana è la libertà, anche religiosa,  il sikh ha ragione,  se invece  lo scopo della vita umana è il perseguimento della convivenza,  o pace (armistiziale) sociale,  hanno invece ragione i magistrati della Cassazione. 
Attenzione, pace sociale, non in senso assoluto (come del resto per la libertà),  ma condizionale, legata insomma alle condizioni storiche, reali. E qui va detto che dal punto di vista sociologico  la coesione sui valori non implica automaticamente la  pacificazione, dal momento che esistono interessi e status, quindi l’esclusione dei diversi non assicura alcuna pace sociale. Non va però dimenticato che la coesione sugli interessi non esclude le passioni, quindi i conflitti e le modalità stesse  di comportamento in relazione ai valori e agli interessi tra gli eguali: il che ha inevitabili  ripercussioni sul  perseguimento della pace sociale.
Conclusioni?  I  giudici della Cassazione  hanno privilegiato il concetto di pace sociale rispetto a quello di libertà individuale. Insomma, gli Ermellini temono il ruolo sociologico degli interessi e delle passioni, diffidano dell’autocontrollo umano.  Si tratta della stessa logica (cautelativa) di coloro che negli Stati Uniti, ma anche in Italia, diffidando sociologicamente del senso di responsabilità dell’uomo, vorrebbero vietare la vendita di armi a privati.  Per contro, chi difende la libertà di portare un' arma, per le ragioni più diverse, anche religiose, confida filosoficamente, secondo il credo libertario,  nel senso di responsabilità dell’individuo.
Purtroppo, la realtà sociologica insegna invece che l’uomo -  l’uomo politico e sociale -  non è  buono né cattivo:  il suo senso di responsabilità,  nonostante l’educazione sociale, fluttua: può avere alti e bassi.  Insomma,   l’uomo è  imprevedibile. Di qui però,  la sua pericolosità.
L’intera storia sociale dell’uomo -  una delle tante chiavi per interpretarla, ovviamente -  ruota intorno, alla riduzione dei margini sociali di imprevedibilità.  Di qui la necessità delle istituzioni, eccetera, eccetera.  Attenzione, si parla di  riduzione,  non eliminazione come invece pretendono alcuni pericolosi dottrinari. Le istituzioni, hanno sì valore "esonerativo", ma sono liberamente prodotte dall'interazione tra gli individui.  Sicché,  la “soppressione”  totale dei margini non potrebbe non  fare i conti con l’eliminazione dei valori, degli interessi, delle passioni.  E quindi delle libere interazioni individuali.  Il che è umanamente e sociologicamente impossibile. Forse lo è (possibile) filosoficamente. Dopo di che però le società si vendicano. E non solo dei dottrinari e dei "philosophes",  come prova la storia sociale, soprattutto  del Novecento.
Concludendo, la decisione dei giudici della Cassazione è anti-filosofica e sociologica. Dunque, di buon senso. Giudica l’uomo per quello che è, non per quello che dovrebbe essere.

Carlo Gambescia