sabato 15 aprile 2017

Donald Trump,  Charles Wright Mills  e la tesi del complesso militare-industriale
Rieccolo!


 
Charles Wright Mills (1962-1946) alla guida della sua moto

Ogni volta che forti venti di guerra oltreoceanici rischiano di  spazzare via  il mondo, salta fuori, come quei pupazzetti a molla  delle scatole a sorpresa di un volta, la tesi del complesso  militare-industriale  statunitense  coniata da Charles Wright Mills negli  anni Cinquanta, dando alle stampe un libro forse fin troppo celebrato, The Power Elite (1956), soprattutto da noi in Italia (1).
Quel saggio  è una fotografia, neppure perfetta,  degli Stati Uniti negli anni Cinquanta, non un docu-film definitivo sulla società americana.   Purtroppo, ogni testo ha i lettori che si merita, ed evidentemente quelli  di Mills, sociologo, per alcuni libertario, per altri filocomunista, continuano, come quei serpenti, il cui corpo,  dopo che viene mozzata  la testa, continua a muoversi:  un' immagine tosta,   che sarebbe piaciuta a Mills,   nato a Waco (Texas), luogo oggi   tristemente famoso e apprezzatissimo dai complottisti di tutto il mondo. Ma questa è un'altra storia.
Insomma,  per tornare a Mills, siamo davanti  a una specie di pistolero della sociologia, anche per i modi ombrosi  e l’aspetto fisico, corpulento. Un John Wayne al contrario. Che lesse  Marx e  Lenin (elettrificandoli con Weber e Mannheim).  Almeno come continuano a vederlo (con simpatia)  gli anti-americani (sociologi o meno) di tutto il mondo (2).
Che vogliamo dire?  Ammesso e non concesso, che le  tesi di Mills  cogliessero allora nel segno, tratteggiando  il ritratto di un’America, armatissima, perché reduce da due guerre mondiali e in piena Guerra Fredda, dove militari e industria pesante, non potevamo non giocare un ruolo decisionale significativo,  il suo quadro, come del resto gli venne fatto notare, era statico, perché non teneva conto, oltre che del fenomeno più generale della circolazione delle élite,  dell' importantissima  dinamica burocrazia-potere politico.
Insomma, tirare fuori, come il pupazzetto di cui sopra,  a proposito dell’interventismo  (così pare) di Trump,  la tesi del complesso militare-industriale, che continuerebbe a decidere tutto,  ignora una questione più sottile. Quale?  Si omette di analizzare, il  rapporto tra burocrazia militare (reiterativa) e potere politico, soprattutto decisionale (creativo). Nel caso di Trump, parleremmo di cedimento politico, quindi decisionale,  agli automatismi impliciti nell'interazione militare.  Di qui, la sua incapacità, per ora, di qualsiasi innovazione politica. E anche tutti i   pericoli di una conduzione acefala (politicamente acefala) della politica estera americana. Cosa vogliamo dire?  Che  esistono le strutture (il "complesso" eccetera), ma esistono anche le funzioni, quindi gli automatismi indotti,  le pratiche iterative... I famigerati "protocolli" (in senso contenutistico) del Pentagono. C’è una statica e una dinamica nei fenomeni sociali. mai dimenticarlo.
Infatti, per tornare  Mills, nel suo libro si insiste, non tanto su questi aspetti di contrasto, tra burocrazia e decisione politica, ma su quelli tra burocrazia militare e burocrazia civile, attribuendo a quest’ultima, un ruolo di controllo  che essa  avrebbe dovuto svolgere, al quale invece, per ragioni storiche,  sempre secondo Mills,  non poteva adempiere  Insomma, per Mills, come per i suoi epigoni politici, sparsi nel mondo, il Presidente degli Stati Uniti era ed è un burattino nelle mani del complesso militare-industriale.  Secondo Mills, alla fin fine,  il conflitto  non era (ed è) neppure  tra complesso militare-industriale  e Presidente,  bensì tra due burocrazie:  una sempre vincente (militare), l' altra (civile) sempre perdente (3).
Diciamo che la sociologia di Wright  ignora l’indipendenza, o comunque gli ampi margini di autonomia, della decisione politica.  E, soprattutto,  la sua natura creativa.   Il solo fatto che Trump deleghi, significa che  può o meno delegare  qualcosa di  suo, che gli appartiene:  il potere presidenziale, che viene prima di ogni burocrazia  civile e militare.  Potere esercitato dai presidenti post- eisenhoweriani, secondo modalità  assai differenti e non  da burattini del mitico potere militare-industriale, come invece preconizzava la sociologia statica di Mills (4).
Insomma,  il pericolo è negli automatismi della burocrazia militare  o meglio ancora  della burocrazia in quanto tale:  nella funzione non nella struttura, ammesso che la struttura,  anzi il "complesso"  esista ancora.  O addirittura, sia mai esistito (5).

Carlo Gambescia


(1)  Traduzione italiana: C. Wright Mills,  La élite del potere, Feltrinelli 1959. 
(3)  Per una buona  rassegna delle critiche alle tesi di Mills si veda  I.L. Horowitz, C. Wright Mills. An American Utopian, The Free Press 1984, pp. 272-281.  Per un' interpretazione alternativa, o comunque critica, si veda,  per le pagine dedicate al saggio di  Mills, T. Parsons, La distribuzione del potere nella società americana, in Id., Sistema politico e struttura sociale, Giuffrè 1975, pp. 241-262.  
(4) M. Del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo 1776-2006, Editori Laterza, 2006, Parte Terza.  
(5) J.S. Nye jr, Il paradosso del potere americano, Einaudi 2002, Capitolo Secondo.   Ma si veda anche, sul piano della storia delle idee, L. Hartz, La tradizione liberale americana, Feltrinelli 1960, Capitolo Primo.