mercoledì 12 aprile 2017

Il falso conflitto politico  tra populisti e anti-populisti
Europa First!




In Europa, per la sinistra il populismo è frutto di "risentimento" ed  "egoismo sociale", gli stessi disvalori che condussero al fascismo;  per la destra il populismo  è esito  del tradimento delle  “élite globaliste”, nemiche dei sacri valori  della nazione. 
Ma esiste un partito populista, che si riconosca tale, fin dal nome? No. Esiste un partito che si definisca nazionalista, anche nella “ragione sociale”? No. E allora di che cosa stiamo parlando? Di niente. O meglio del conflitto intorno alla  divisione di una torta economica e sociale, come se tutto il resto, quel che accade fuori dei confini europei o nazionali, non ci riguardasse.  Si chiamano conflitti redistributivi,  sono frutto e portato della "lotta per il benessere":  sono  le ultime  "targhette politiche" dietro le quali si nascondono i suoi  competitori,  i  populisti  e gli anti-populisti.  Se però  si pigia troppo l’acceleratore sui conflitti redistributivi il Pil va a farsi friggere. Ma questa è un'altra storia (*).
Il  vero problema,  come europei,  riguarda la percezione della realtà, una percezione che conduce a un falso conflitto.  In Europa  lo scontro verte  principalmente su tre questioni:  sugli immigrati, sulla sicurezza, sulle politiche economiche.  Il problema però  non rinvia alle soluzioni, che ovviamente possono divergere, più che altro nei particolari (redistributivi),   bensì alla  percezione della  realtà: comune alla destra e alla sinistra,  quella di un’Europa, se unita, priva di una politica estera,  se divisa, parcellizzata in tante Francia First!, Germania First!, Italia First!, eccetera, eccetera. E in ogni caso -   ecco il punto di raccordo tra  anti-populisti e populisti -  un’Europa  depoliticizzata, prigioniera però di occhiute burocrazie dedite all'assistenzialismo, non importa se "sovraniste" o "globaliste", da Bruxelles a Roma, Parigi, Berlino.  O se si preferisce:  burocrazie devote alla tutela dell'individualismo protetto (dalla culla alla tomba) dei cittadini (per la sinistra), del popolo (per la destra). Come dicevano i nonni, se non è zuppa e pan bagnato... welfarista ( quindi ciclo elettorale delle spesa pubblica, economia mista,  corruzione, concussione, eccetera).  
Insomma, immigrati, sicurezza, economia, come questioni, vengono dopo.  Perché il primo problema europeo,  soprattutto alla luce dell’attivismo trumpiano, per ora  apparentemente  acefalo, è di tornare a fare politica estera,  per  porsi come interlocutore vero (se ci si passa l'espressione, cazzuto), dinanzi a Stati Uniti e Russia.  E non di procedere in ordine sparso, fingendo di avere una politica estera comune,  che in realtà non va oltre  la visione  dolciastra di una specie di welfare state mondiale che vuole andare d'accordo con tutti, belli e brutti.
Ovviamente, una politica estera forte, impone forze armate comuni e un vertice  politico capace di prendere decisioni rapide, dirimenti e distruttive per i nemici esterni. Non burocrati europei o nazionali, ma uomini politici veri, realisti, ma veri.  Abbiamo un sogno:  vedere le  portaerei europee solcare i mari del mondo.   Non solo quelle di Trump o Putin.  Sul punto - delle forze armate comuni -   ricordiamo che non siamo poi così soli.  Anche una vecchia volpe come Prodi, sul "Messaggero", sembra aver finalmente capito l'importanza della questione. Non è mai troppo tardi... 
Che cosa impedisce tutto questo? Ripetiamo: la depoliticizzazione, che si nutre come un cancro di fratture, tipicamente (e pericolosamente) redistributive, tra competitori interni che mirano a ottenere fette sempre più grosse ("relativamente" più grosse), ma non a difendere la torta  dal competitore armato  esterno (si noti,  armato). Come  per l’appunto la falsa guerra   tra populisti e anti-populisti, esito di contrasti corporativi,  welfaristi,  che di conseguenza  impediscono la sostituzione del nemico esterno con il nemico interno: un vero circolo vizioso dell'antipolitica.
Perché, ripetiamo, per fare politica estera  serve l’individuazione del nemico esterno.  E purtroppo in Europa, siamo al punto che nonostante il nemico esterno ci abbia designato - si pensi alla  riscossa militare islamista -  si gioca al welfare state totale (dalla culla alla tomba), discutendo di reddito di cittadinanza; dibattito che non è che il prolungamento - mai sazi di ripeterlo -  del falso conflitto politico tra populisti e  anti-populisti.
L’Europa, per un usare  un’ abusata immagine, è una democrazia che  ha rinunciato ai cannoni, per il burro.  Ma senza cannoni, non si difende il burro. E neppure la democrazia.

Carlo Gambescia

(*) Si veda il  Capitolo V (“Declino dell’Occidente?”) del nostro Passeggiare tra le rovine. Sociologia della decadenza, Il Foglio 2016.