mercoledì 1 marzo 2017

Sì alla maternità surrogata per due papà
E se la biologia si vendicasse?




Non capiamo nulla  di biologia e di fecondazione  eterologa,  né  vediamo nelle unioni civili tra persone delle stesso sesso una "minaccia" all’Occidente, minaccia  peraltro  rappresentata da  meno di mille  “matrimoni”  a un anno dall’approvazione della legge.
Né, a rigore, può essere contestata e impedita , una volta ammesse  le “unioni gay” (come le chiamano i media),  la possibilità di  poter  avere, in  modo legale si intende, dei figli.
Questa la premessa. Veniamo subito al punto specifico. 
Una sentenza della Corte di Appello di  Trento, recependo una precedente sentenza della Cassazione,   stabilisce  che

si deve infatti escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato; all'opposto deve essere considerata l'importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato (*) .


Il che -  la prevalenza del  criterio della responsabilità culturale,  rispetto a quello della responsabilità biologica  -   ha  sicuramente un fondamento sociologico. Del resto, esiste  una letteratura  ricchissima, non solo scientifica, ma anche letteraria e storica, sul fatto che i figli "sono" di coloro che li allevano, crescono, educano eccetera. Tesi che sottoscriviamo.  Una cosa però ha colpito la nostra attenzione. In alcune immagini, viste al telegiornale, di  una coppia di padri, non sappiamo, se quella della sentenza,  la figlia, una bimba, in un classico “vola vola vola!” tra i due genitori, veniva sospinta troppo in alto, correndo il  rischio, "di farsi male alle braccine". 
Probabilmente, con  due madri, parliamo dello stesso gioco, la spinta sarebbe inferiore, sicuramente meno  pericolosa,  ma come dire, al di sotto dello sforzo medio.   Di quale "medietà" parliamo?  Dello sforzo  congiunto (medio)  di   un papà e una mamma: il primo spinge più forte, la seconda più piano. Forse, perché, per natura, la "femmina"  teme che l’irruenza del "maschio", possa far male, come nel caso, alla "prole" .
Che la biologia  in qualche modo finisca sempre per vendicarsi?

Carlo Gambescia