mercoledì 25 gennaio 2017

La “Sindaca” di Roma  indagata per la nomina del fratello di Marra
 Cosa c’è dietro il “caso” Raggi?



Invitiamo gli amici lettori a seguire con attenzione il  "trattamento" che Virginia Raggi riceverà  da parte dei giudici romani e della  stampa,   nell’iter giudiziario, come si dice, successivo al ricevimento di  un invito  di comparizione  in relazione alla vicenda della nomina  a direttore del Dipartimento turismo, di Renato Marra (*).   Fratello di Raffaele  Marra,  ex  braccio destro della Raggi, invece più succulento sotto il profilo politico.  In pratica,  la “Sindaca” è indagata, e dal 21 dicembre,  per abuso d’ufficio e  falso, ma in una vicenda  minore.  In fondo,  proiettili di gomma,  rispetto alle testate nucleari usate, per i capi d'accusa, dai giudici di "Mafia Capitale"... E questo è già un  segnale Ciò  spiega anche l’ “improvviso” cambiamento di rotta di Grillo (“la svolta garantista”, secondo  i giornaloni). Il quale, evidentemente, già un mese fa, era stato avvisato da qualche talpa.  E questo è un altro segnale.  
Di che cosa? Insomma,  per quale ragione chiediamo la massima attenzione su quel che sta accadendo a Roma ?   Non per proporre l’ennesimo giochino, da teatrino politico, sulle pittoresche contraddizioni tra parole e fatti dei Cinque Stelle. È la politica bellezza! Inevitabilmente, se si vuole governare e  fare politica davvero, ci si deve sporcare le mani.  Stiamo dalla parte di Machiavelli e  non del Padri della Chiesa (non tutti così buonisti, ovviamente). Non crediamo nei giochini al più onesto e più buono del reame.  Stupidaggini. 
Il punto è un altro: se la Raggi dovesse uscire politicamente indenne da questa storia,  grazie al sostegno dei media e alla  "comprensione" dei  giudici -  come dai segnali di cui sopra  -   si potrebbe seriamente arguire  che  magistrati e giornali (e i poteri economici che sono dietro questi ultimi, con precisi nomi e cognomi, nessun complotto), una volta fiutato il vento di cambiamento politico, si stiano riallineando.  Come del resto  hanno sempre fatto:  con De Gasperi, con Fanfani e  Moro,  con  Craxi, con Berlusconi, con Monti,  con Renzi.  Salvo poi scaricarli al momento giusto.  
E non c’era e  non  c’è nulla di male.  Perché gli imprenditori aspirano a lavorare e guadagnare, prescindendo  dalle questioni ideologiche.  E in ogni caso, ai cattivi rapporti preferiscono sempre i buoni rapporti con chiunque sia al potere.  In qualche misura, il mondo dell'impresa,  privilegia,  come un tempo la Chiesa Cattolica, la politica dei concordati con qualsiasi regime.  E poiché i giudici sono al traino dei mass media,  il gioco è presto fatto. Si pensi ad esempio  alla tesi assai diffusa, sulla  “Stampa”,  sul Corriere della Sera” sul  “Sole24Ore”, persino su  “Repubblica”,  che Grillo,  nonostante i toni, “talvolta” volgari,  in fondo,   stia dicendo  cose giuste  che   rappresentano i bisogni di  un elettorato in buona fede che vuole il bene dell’Italia.
Esiste  però un rischio.  Quello di  esagerare.  Pure Hitler e coloro che entusiasticamente con il braccio teso lo votarono,  volevano il bene della Germania. E anche gli industriali tedeschi furono d'accordo. Almeno fino al 20 luglio del 1944. Per non parlare dell'atteggiamento di giudici e giuristi. Hitler illuse perfino Carl Schmitt.
Probabilmente,  siamo dinanzi a un   calcolato  cedimento,   motivato dal quieto vivere economico. Un tentativo di mettere le mani avanti  in caso di una grande vittoria elettorale dei Cinque Stelle. Insomma, di prepararsi il terreno per patteggiamenti con il vincitore.  E i giudici,  il cui fiuto non è inferiore a quello dei grandi editorialisti profumatamente pagati,  potrebbero andare a ruota. Il gioco, però, questa volta, rischia di essere molto pericoloso. Certo,  Grillo non è Hitler, ma resta un populista della peggiore specie.   Quindi il "caso" Raggi va seguito con attenzione.


Carlo Gambescia  

Nessun commento:

Posta un commento