venerdì 27 gennaio 2017

Dopo la decisione  della Corte Costituzionale
Rieccolo!


Il concetto, già noto ai lettori, è il seguente:  la politica va studiata come lotta per il potere e non inseguendo le  dichiarazioni di questo o di quello, dandole per buone così come sono.  Si lasci  il teatrino della politica ai moralisti e ai pettegoli,  per soffermarsi invece sulla ciccia (pardon) politologica in chiave realista.               
Il punto, insomma,  è un altro:  ciò che il politico afferma, va sempre  letto tra le righe e  studiato, esclusivamente, se   utile ( o meno) al suo disegno di  conquista e conservazione del potere. Disegno che, poi, ovviamente, ha una sua funzionalità (o meno) al cosiddetto bene comune, eccetera. Bene comune, che nelle liberal-democrazie è messo ai voti (ma questa è  un’altra storia...). In politica, mai dimenticarlo, la figura del profeta disarmato non esiste. E  ammesso e non concesso che esista, dura poco. 
Ora, si prenda ad esempio,  la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum. Al di là del fumoso linguaggio usato  dagli alti magistrati (a dire il vero, questa volta, sufficientemente comprensibile), la decisione di conservare il premio di maggioranza  dà una mano a Renzi (che il 41 per cento lo ha già in tasca),  almeno alla Camera.  Ma  non è neppure detto che al Senato, con il Porcellum, il Pd  non riesca a conquistare una maggioranza, soprattutto  in caso di vittoria nelle regioni più popolose.  Pertanto coloro che desiderano conquistare il potere o essere d’intralcio a ogni futuro governo targato Renzi  non possono vedere  di buon occhio la sentenza,  che tra l’altro parla,  peggio ancora,  di possibilità di voto immediato.  E voto immediato, innanzitutto,  significa repulisti renziano nel Pd (anche in Parlamento, per i divieti  di ricandidatura, eccetera: già la gattopardesca “Repubblica”, che vuole cambiare tutto perché nulla cambi, questa mattina piangeva calde lacrime sulla Finocchiaro…)  e conseguente consolidamento politico dell’ex sindaco fiorentino.  Che, ovviamente, è perfettamente consapevole di questo. E gode. Giustamente ( certo, dal suo punto di vista, di "riacchiappare" il potere, eccetera). Insomma, piaccia o meno: rieccolo! 
Che dire?  Tutto sanno tutto. Però nessuno  dice le cose come stanno.  Ovviamente,  anche per non recare offesa alla Consulta,  come  impone  il galateo politico.  Pertanto  i nemici di Renzi  inizieranno  evocare la disomogeneità  tra le due leggi elettorali, implorando Mattarella di intervenire. E chi invece implora il voto subito, come Grillo?  O come  l' Osteria dei Cretini (Salvini e Meloni, diciamo i due migliori avventori)?   Bleffa, sperando che  siano gli altri a intralciare la strada a Renzi.  Il quale ha già dichiarato, bleffando  a sua volta,  che  vuole un accordo ma che  in mancanza di esso,   si andrà al voto.   Elezioni, è bene ricordarlo, che Renzi,  a differenza di tutti gli altri, incapaci di coalizzarsi,  non teme, avendo già in tasca, come detto, il 41 per cento… E ciò può essere un elemento di forza, soprattutto sul piano delle trattative. Quindi, nel suo caso, è un mezzo bluff (o forse anche  meno).
Un’ultima cosa:  in queste occasioni, si possono individuare gli amici e i nemici.  E qui i nemici  di Renzi (incluso un ormai “impallato” Berlusconi), sono più o meno  quelli del compagnia di giro  del No.  Con un piccola novità, magari non assoluta:  l’esternazione, a contrario,   del sedicesimo giudice costituzionale, Monsignor  Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, sul pippone (pardon) della disomogeneità e addirittura  in chiave liberale sulla divisione dei poteri (“Non normale dipendere dalla magistratura”),  indica che Renzi, con l’approvazione delle unioni civili ( e qui, che fine ha fatto il “liberalismo” della Chiesa?)  e di altre cosette ( nuova legge sulle Popolari ad esempio), non ha grandi  amici nei Sacri Palazzi, come si diceva un tempo.  
Fortunatamente la forza elettorale della Chiesa (anche se all’epoca fu utile ), non è più quella dei tempi di Padre Gedda. Però Renzi prenda nota:  deve aggiungere un posto a tavola, perché ha un nemico in più.


Carlo Gambescia  

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