domenica 22 gennaio 2017

“Buy American, hire American”
Il mistero di Trump




Quel  buy American, hire American, confermato da Trump nel discorso presidenziale, non promette nulla di buono.  Lungi da noi  il considerare la storia umana come una marcia vittoriosa del libero mercato, che di ostacoli e  nemici invece  ne ha sempre  avuti  parecchi. E tuttora non ha vita facile. 
Naturalmente,  non esistono sistemi economici perfetti,  ma solo meccanismi delicatissimi  che di volta in volta si adattano meglio, seguendo percorsi invisibili, alle situazioni istituzionali. Di qui, l’imperdonabile  stupidità  di coloro che continuano a parlare di “liberismo selvaggio”. Il liberismo, di compromessi ne ha dovuti fare, e  tanti. Basterebbe studiare, con sguardo onesto,  le effettive politiche dei cosiddetti campioni del liberismo integrale, da Reagan alla Thatcher,  sicuramente da ammirare, che però hanno  dovuto mordere il freno,  il primo sulla spesa pubblica, la seconda sul sistema sanitario           
Per quale ragione, allora,  lo slogan (per ora) trumpiano,  non promette nulla di  buono?  Perché qualora  il neopresidente riuscisse a piegare il mondo delle imprese americane al suo progetto di forsennato protezionismo,  tanto per cominciare, visto che nel Vecchio Mondo c'è chi inneggia a Trump,   danneggerebbe tutte le imprese  europee,  le piccole in particolare  che   esportano negli Stati Uniti, e che occupano in Europa  30 milioni di persone (*). Non osiamo immaginare ciò che accadrebbe nel resto del mondo in termini di una riconversione produttiva di centinaia di milioni posti di lavoro.
Per non parlare dei contraccolpi politici: il protezionismo, in età moderna,  come ben  sanno gli storici dell’economia,  ha sempre rappresentato  l’anticamera delle guerre esterne e interne, anche quando la protezione economica, nelle nazioni di secondo capitalismo,  risultava  propizia  ai processi di unificazione interna del mercato e di protezione esterna delle industrie nascenti, come  ben  teorizzato dal tedesco  Friedrich List nell’Ottocento (con seguaci anche negli Usa).   E come del resto  mostra la durezza dei processi politico-militari  di unificazione o riunificazione italiana, germanica e in particolare statunitense. Dove il Sud degli Stati, Uniti, i Confederati, in quando esportatori,  erano per la più ampia libertà di commercio, seppure fondata su una manodopera di tipo schiavistico. Mentre il Nord, l’Unione,  protezionista,  si preoccupava delle industrie nascenti.
Questo ovviamente, fin quando, l’economia americana, tra l’Ottocento e il Novecento,   grazie alla  rivoluzione dei trasporti e  dei costi (il costo della manodopera americana, beneficiando dei flussi  migratori, rimase per decenni altamente competitivo rispetto al resto del mondo), dette il via al “Secolo Americano”.
Ora però, con Trump, siamo davanti a una scelta reazionaria che non ha alcuna giustificazione economica (forse politica, ma è un'altra storia...),  dal momento che oggi  gli Stati Uniti sono un’economia sviluppata, diversificata  e aperta al mondo. Trump  sembra voler tornare all’Ottocento:  al mito di una  frontiera interna  da conquistare e difendere,  che però  non esiste  più da un pezzo, nonché a  un protezionismo del lavoro americano  che non ha precedenti, se non le presidenze (novecentesche) dei due  Roosevelt:   età, in particolare quella di Franklin Delano,  avvicinata da alcuni storici,   agli esperimenti sociali dei totalitarismi. Il che è tutto un programma...  
Pertanto, l’opposizione a Trump, quella reale, non verrà tanto dal folcloristico mondo femminista  e del radicalismo politico,  che in fondo ( si pensi alle tesi di Bernie Sanders) condivide il progetto protezionista del neopresidente.  Ma verrà dal mondo dell’economia, delle grandi imprese, quelle che esportano e che  hanno  bisogno di un costo del lavoro competitivo, di mobilità lavorativa  e di mercati aperti.  Ecco i  fattori che hanno  fatto grande l’America. Non il protezionismo evocato, fuori tempo massimo,  da Trump.   
Pertanto se il neopresidente metterà in atto il suo buy American, hire American, non potrà assolutamente favorire alcuna vera ripartenza.  Anzi, il rischio è  di  paralizzare l’economia americana, improvvisamente costretta a ripiegarsi  su una  domanda interna,  da  far crescere artificialmente, come un prodotto di serra, puntando sullo sviluppo della  spesa pubblica (per sostegni alle assunzioni all american  e alla costruzione  di opere infrastrutturali). 
Come tutto questo possa conciliarsi con i vistosi tagli fiscali promessi da Trump  e con  un'economia provinciale ripiegata  su se stessa,  resta un mistero.  Il mistero di Trump.            

Carlo Gambescia



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