venerdì 18 novembre 2016

 Il dopo Trump
L’Occidente ha  "riscoperto" il populismo



Sembra che dopo la vittoria di Trump  il mondo occidentale abbia scoperto il populismo...   In realtà, il populismo non è assolutamente una novità, al massimo si tratta di una "riscoperta": le élites e il popolo, come impone l’ordine naturale delle cose sociali,  non si sono mai capiti. E non  possono capirsi.   Il famigerato problema della mutua comprensione, o  meglio di un popolo  educato da élites illuminate, ma in realtà recalcitrante, nasce storicamente con l’idea, in parte illuminista (l'uomo che deve essere educato o addirittura costretto ad essere "libero"),  del cittadino perfetto, o comunque perfettibile,  che, dal punto di vista pratico,  risale  allo sviluppo dei  processi politici ed  elettorali su larga scala, in chiave di estensione del voto a tutti i cittadini,  succedutisi  dall’Ottocento ad oggi.  Più il voto si è esteso, più si è sviluppata la necessità di educare o comprare (in senso lato) l’elettore, o tutte e due le cose insieme. Oppure, come è accaduto,  di fare un passo indietro, riducendo o azzerando il diritto  di voto. 
Le democrazie censitarie ottocentesche, coniugavano il suffragio ristretto, se spostate più a sinistra, con il progetto di educazione civile e civica; se spostate più a destra, con chiusure fondate sul principio tutto per il popolo nulla attraverso il popolo. Invece, le democrazie totalitarie novecentesche, al voto  sostituirono la petizione di identità attraverso il plebiscito, organizzato dall’alto, in chiave di stato caserma: al cittadino-elettore si oppose il cittadino soldato (ideologico). Le democrazie welfariste - grosso modo post-Seconda Guerra Mondiale -  hanno invece   puntato sulla compravendita  (sempre in senso lato, sociologico) dei benefici sociali, affiancando  ad essa  un progetto educativo (civico-civile) di lungo periodo, senza però credervi troppo, come oggi  spiega l’impossibilità di riformare il welfare state.
Ora, il popolo, almeno in Occidente (dove lo si è addirittura deificato),  non può essere  consapevole, per ragioni di psicologia collettiva, della complessità del processo storico e sociologico appena illustrato,  sicché  il popolo continua a chiedere, proprio in nome della democrazia,  benessere e sicurezza.  Di qui, la ciclicità storica  di  ciò che si può definire, politicamente parlando, il populismo. Si potrebbe risalire, nelle sue forme più estreme, ai livellatori, ai sanculotti, ai comunardi, eccetera. 
In realtà, il popolo, preso come entità collettiva, non può non essere populista, nel senso di pretendere sempre di più o comunque di rifiutare il passo  indietro in senso economico e sociale. Lo stile di vita, soprattutto se più accettabile e piacevole,  è duro da perseguire, ma ancora più duro il rinunciarvi.  Il problema della democrazia  - ma di regola dei regimi  elettivi  -   non è il cittadino perfetto, che sappia autolimitarsi come un filosofo antico, bensì il cittadino soddisfatto, secondo standard sempre più alti, addirittura  illimitati.
Di qui,  la nascita, non tanto dei movimenti populisti, quanto di leader demagogici, che promettono, al cittadino (in-)soddisfatto ciò che non potranno mai  mantenere,  dal momento che, come sta accadendo, il welfare è  costosissimo e  impone  risorse crescenti  che possono essere reperite solo producendo di più: cosa che può essere ottenuta o sottomettendo (militarmente) altri popoli, o tagliando il welfare e rendendo meno costoso il lavoro. Due passaggi  in contrasto con la logica pacifista e welfarista delle democrazie dei  nostri giorni.  
Il pericolo insomma, è quello di  ritornare allo stato caserma (auspicato, ma non apertamente,  dai demagoghi populisti). Esiste un’alternativa? Forse, ma difficilissima da realizzare, almeno oggi:  il ritorno   alla democrazia censitaria dei pochi ma buoni. Ma dove trovare, in un  sistema anti-meritocratico per principio,   élites degne,  in grado di pilotare il sistema politico verso una democrazia protetta ?    
Insomma, le élites e il popolo non si sono mai capiti. Il realista politico deve prenderne atto.  L’educazione  delle masse -   come si diceva un tempo -  non sembra funzionare in generale,  figurarsi in chiave di autolimitazione socio-economica. Il welfare per contro, quale compravendita (sociologica) del benessere economico,  sembra aver favorito un lungo periodo di pace interna. E anche di questo va preso atto.   Ora però sembra arrancare. Si dovrebbe perciò  fare un passo indietro, senza per questo tornare alla democrazia censitaria:  un passo indietro nel senso di tagliare gli elevati costi sociali.  Ma come spiegarlo a chi non vuole o non può  capire, quindi al popolo?  Una specie di bambino viziato? 
Il che però spiega  la "riscoperta"  del populismo e  il successo dei leader populisti. I quali però  non dicono che  il conto da pagare (il loro)  rischia di essere  salato.

Carlo Gambescia                            

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