venerdì 5 agosto 2016

Nomine nuovi direttori Rai-Tv
Renzi lottizza. Sai che scoperta…



In Italia,  televisione e  radio  pubbliche contavano qualcosa prima dell’avvento delle consorelle private.  Quello c’era, quello gli italiani  erano costretti  a vedere. La Rai vinceva facile. Sui programmi informativi, chi ne capiva, sapeva, chi non capiva veniva sottilmente influenzato, ad eccezione dell’elettore comunista e neofascista,  più politicizzato. 
Oggi, comunque la si metta,  c'è più concorrenza.  Qualche anno fa,  per ragioni politiche non  ancora chiarite,  andava forte lo sport di  sparare  alzo zero sulle televisioni di  Berlusconi, perché, secondo il mantra sinistrorso,  diseducative e apportatrici di voti a Forza Italia. E sia pure. Ma la televisione pubblica dal 1954 fino all’arrivo delle corazzate antennate del Cavaliere, quanti danni ha causato al cervello degli italiani?  Nessuno  ha mai quantificato il veleno contenuto nello statalismo televisivo iniettato per anni in dosi industriali nell'immaginario collettivo.  Ancora oggi,  e non solo a sinistra, piace ricordare, gonfiando il petto,  il ruolo pedagogico della televisione di stato: il maestro Manzi,  gli sceneggiati,  e perfino il valore culturale dei programmi a quiz.  Come se una televisione pubblica dovesse essere una cattedra scolastica, da cui fare lezione agli italiani minorenni.  Insomma, si rimpiange una televisione, che per mentalità, discendeva da Mussolini.  L'idea di una televisione  come arma più forte del regime: non quello fascista  ma  democristiano (anni Cinquanta) e democristiano-socialista (anni Sesssanta-Settanta).
Tutto qui.  Chiacchiere e distintivo.  Nessuno più ricorda (o fa finta) le ballerine con i mutandoni, il siluramento  di attori, registi e giornalisti che politicamente non si sottomettevano, i silenzi sull’Unione Sovietica e la disinformazione sul dissenso russo, la sbornia gauchista e anti-americana degli  anni Settanta.  E la lottizzazione. Spietata.  Non fra i  partiti  ma tra le correnti della Balena bianca.  Della quale però nessuno parlava. Proprio come durante il fascismo, quando un giornalista se voleva campare doveva tenersi stretta la tessera del PNF. E qui sarebbe interessante chiedere, citiamo un nome per tutti, oggi famoso e comunistissimo,  ad Andrea Camilleri, ex regista Rai,  perché non si licenziò. Forse però la risposta, postuma, c’è:  conseguimento della pensione, e pure elevata.
Il culo di Nadia Cassini, che trasbordava dal teleschermo, anno di grazia 1979,  fu vissuto, da quei pochi  critici televisivi liberi, con lo stesso piacere che i loro nonni liberali provarono  leggendo la Storia d'Italia di Benedetto Croce, pubblicata negli anni del fascismo: un atto di liberazione intellettuale. E dagli italiani, tutti, come  una  rivoluzione sessuale catodica. Poi arrivò Berlusconi che, da  buon eroe dei due mondi televisivi (pubblico  e privato),  operò la moltiplicazione dei culi. E il desiderio collettivo, come insegna la legge di Weber-Fechner, calò.  Non però la voglia (individuale)  di lottizzazione del Cavaliere.  Ma non furono da meno Prodi, Veltroni & Co. 
Bianca Berlinguer,  per la quale  alcuni oggi si strappano i capelli,  da giovane mediocre praticante (chiedere ai vecchi colleghi del “ Messaggero”), venne assunta a TeleKabul da un  direttore targato Pci: preferita ad altri colleghi,  perché portava un nome “pregno di ricordi”…   
Ora, questa mattina, gli orfani di Berlusconi e di Berlinguer (padre) denunciano  Renzi,  perché lottizza.   Sai che scoperta… 

Carlo Gambescia         

                              

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