domenica 24 aprile 2016

Roma Caput Mundi della “Street Art”?
Stiamo freschi!



Piccola premessa. Quanto segue sotto, per capire che cosa sia la “Street Art” o arte di strada:

Difficile decidere, ma da qualche parte bisogna pur cominciare e abituati come siamo a ricevere gli input d’oltreoceano, una delle prime opere street da visitare è sicuramente al Quadraro, a firma di un texano D.O.C. Ron English. In via dei Pisoni, storica zona di Roma, che vanta celebri lotte contro la prepotenza dei poteri forti, teatro di resistenza al nazifascismo durante la deportazione, English (noto ai più per aver realizzato Abraham Obama, il celebre murales di Boston realizzato durante le presidenziale del 2008, in cui i volti dei Presidenti Obama e Lincoln si sovrappongono) ha disegnato un gigantesco Baby Hulk, The Temper Tot. Il soggetto ha il volto di un bimbo di due anni e il corpo di Mister Universo ed è in 3D. Il contrasto tra la forza della struttura e l’immaturità del bambino è un richiamo, un monito ai paesi potenti con governi inadeguati. Accanto un inquietante Topolino con una maschera antigas grazie alla quale è immune dall’avidità del mercato, i toni usati sono quelli del pastello amati dai piccoli. La realizzazione del murales sul Baby Hulk rientra in una partnership realizzata da diversi artisti uniti dal progetto M.U.R.O. (museo a cielo aperto) capitanata da David Vecchiato, in arte Diavù ed è stata documentata da SkyArte. 


Cosa aggiungere?  Che la “Street Art”, a prescindere dalle questioni estetiche (può o meno piacere),  maleodora di totalitarismo: il Messico intollerante e marxista  dove la si sperimentò per la prima volta,  l’America di Roosevelt che riprese l’idea a spese dello stato occhiuto e interventista; l’Italia fascista e la Russia comunista, rivolte a celebrare il culto dei capi. Senza dimenticare la Cina maoista. Dulcis in fundo,  il Maggio  ‘68  fucina di terroristi rossi e, per l'appunto,  fabbrica di artisti di strada. 
Che dire? Il terrorismo fu sconfitto, l'artista di strada no. Perché? Per una ragione semplicissima: quando un  movimento  non si trasforma in setta o abortisce ( o viene aiutato ad abortire),  un movimento,  anche artistico (si pensi ai Futuristi finiti Accademici d’Italia), non può non trasformarsi in istituzione (lezione di sociologia number one),  sicché,  anche la "Street Art",  che in fondo più che usare il mitra lo mimava,  non poteva non  finire in feluca. Pagata, però dai contribuenti borghesi, per farsi sputare in faccia, sempre per mimesi,  ad alzo zero. 
Si dirà, è il liberalismo, bellezza. Puoi dire quello che vuoi, purché eccetera, eccetera. Giustissimo, siamo i primi, a lottare  perché chiunque abbia idee e gusti differenti dai nostri eccetera, eccetera. Però, ecco il punto, non a spese delle stato.  O del Comune. Che, come quello di Roma, tecnicamente fallito per debiti e altre cosette, non potrebbe investire tempo, uomini e soldi per certe iniziative. O no?


Carlo Gambescia    

Nessun commento:

Posta un commento