venerdì 12 febbraio 2016

Sanremo 2106
Il Festival del  nastrino arcobaleno



I media di destra e cattolici  hanno criticato i cantanti di Sanremo con il nastrino…   Ora, che il mondo dello spettacolo sia più avanti o indietro (dipende dal punto di vista)   su  questioni come  unioni civili, adozioni eccetera,  non è frutto di un complotto bensì del fatto che attori, cantanti, conduttori, si comportano così proprio perché non hanno alcun potere reale, politico, per riprendere, ma al contrario, le famose  tesi  alberoniane (*).  
Chi fa spettacolo ha successo.  Ma il successo a differenza del potere politico ( da non confondere con il potere professionale all’interno di un determinato settore, come può essere lo spettacolo) è qualcosa di meno duraturo, di fluttuante, che va e viene, rapidamente ("uno su mille ce la fa", cantava Morandi).  Di qui, l’esigenza di seguire, da parte delle élite senza potere,  il mainstream, cioè le idee che vanno per la maggiore…  Certo, alcuni attori, cantanti, eccetera, talvolta anticipano, intuiscono, ma non è il caso questo di un fenomeno  di massa  come Sanremo, il "Festival più amato dagli italiani", stando agli ascolti. 
Piccolo inciso. Bisogna  sempre distinguere tra invenzione  ed emulazione interna (tra uomini dello spettacolo) ed esterna (collettiva, tra le persone comuni).  E comunque sia,  si tratta sempre di minoranze creative (quelle dello spettacolo),  che una volta perseguito il successo, passando da la cave a Sanremo ( favorendo  lungo il cammino processi di  emulazione professionale  e nascita di stili, sui quali poi  lavorano i produttori),  smettono di essere tali,  proprio perché il successo, porta con sé, una banalizzazione del messaggio, esito dell’emulazione, per così dire, tra  “colleghi” e di quella collettiva, frutto di un  gioco di azione-reazione -  in cui gli attori sociali, tutti, aggiustano il tiro -  tra società ed élites dello spettacolo. Però il successo, mai dimenticarlo, è sempre il pubblico a determinarlo. La stima, come rileva Hobbes (Leviatano), ha natura sociale: sono gli altri a decidere del valore e dell'eventuale successo di un uomo.  Insomma, il messaggio, non è mai unidirezionale, come invece ritiene la sociologia del sospetto. Alla base c’è sempre l’intuizione  artistica di un fenomeno pre-artistico,  che, piaccia o meno,  ha  acquisito  forma  sociale di bisogno diffuso.  
Naturalmente coloro che sono contrari, per semplificare,  alla cultura del  nastrino, sosterranno l’inesistenza e la natura indotta del fenomeno,  i favorevoli, invece ne magnificheranno la portata.
Chi ha ragione?  Impossibile rispondere. La creatività sociale, individuale e collettiva, è un fenomeno misterioso, soprattutto quando si sconfina nel complicato universo dei valori. Sul piano temporale (quello del prima e del dopo) ricorda il famigerato quesito dell’uovo e della gallina…
Di sicuro, ora come ora,  il nastrino al Festival  è la punta dell’ iceberg: rinvia a una  profonda trasformazione nella mentalità della nostra società. Di cui, piaccia o meno, non si può non prendere atto.   

Carlo Gambescia


(*) Francesco Alberoni, L’élite senza potere Bompiani,  1963.

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