giovedì 28 gennaio 2016

Renzi, Grillo, Berlusconi: democrazia e polemiche politiche
Molto rumore per nulla





Esiste un limite alla polemiche politiche?  Si pensi  solo alla stampa di destra, berlusconiana o meno, che un giorno sì l’altro pure attacca Renzi, persino sul colore della cravatte. Oppure  agli insulti dei pentastellati contro tutto e tutti.   O infine al tiro al bersaglio  del Tg1 renziano su Grillo.
Un  lettore, un  telespettatore, un cittadino  quale  idea possono farsi della democrazia? Che destra e sinistra, negli insulti, pari sono; che la politica  consiste nell’urlarsi addosso; che, di volta in volta tutto va malissimo o  va benissimo; che vince chi denigra l'avversario nel modo più feroce.  E non è che negli altri paesi democratici le cose stiano andando meglio...
Insomma, la politica ridotta a risse tra caricature umane.  Si può fare qualcosa? E qui bisogna subito prendere atto di  un problema.   La democrazia,  proprio perché discorso pubblico,  si presta, essendo basata sulla forza numero,  alla  semplificazione: bianco e nero, buoni e cattivi, e così via.  L’importante è farsi capire da tutti i cittadini:  più cresce il potenziale numero degli elettori,  più il discorso politico pubblico  si  semplifica. Ecco la regolarità da tenere d’occhio.
Ovviamente,  esiste una corrente di pensiero interna alla democrazia che sostiene la possibilità di educare i cittadini, eccetera. I risultati finora sono stati scarsi. Per contro,  ne esiste un’altra, contraria alla democrazia -  giudicata  un lusso per poche menti elevate -  che vorrebbe limitare a pochi eletti  o cancellare del tutto.
Francamente, basta  leggere un qualsiasi quotidiano, seguire un talk show politico, assistere a una seduta parlamentare, per scoprire l’inconsistenza e l’incoerenza  del dibattito pubblico. Che, sembra consistere nell’individuazione ed elencazione, secondo un crescendo isterico, delle contraddizioni dell’avversario: “Dici questo, fai quello”. Salvo poi una volta agguantato il potere, incorrere negli stessi errori. E così via.
Pertanto, per rispondere al quesito iniziale,  le polemiche politiche, anche le più violente, sono consustanziali al discorso pubblico democratico: non è una problema di forma ( cioè non riguarda l’autocontrollo del linguaggio e dello stile politico) ma di contenuto: la democrazia, come lotta  per la conquista del numero,  implica automaticamente la  semplificazione del messaggio:  più un  messaggio deve  rivolgersi  a tutti,  più  deve colpire l’immaginazione.  Può non piacere, ma è così.
Ovviamente, oltre un certo limite, “molto" o "troppo"  rumore”  può provocare il discredito della democrazia e il suo rigetto.  Già un volta nel  Novecento politico  tutto questo  è avvenuto, con conseguenze catastrofiche.  Come contrastare, per così dire,  l'inquinamento sonoro della democrazia? Come opporsi alla logica del numero?  Se tale logica  è il punto di forza della democrazia? Ma anche, come abbiamo visto, di debolezza?      

Carlo Gambescia                  

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