sabato 23 gennaio 2016

È esistita o  no l’egemonia culturale del Pci?
Una sinistra vedova  di Scola,  ma non del virtuismo  giacobino...



Nell’articolo scritto su Scola abbiamo parlato di “egemonia culturale” del Pci (*).   Insomma, c’è stata? Non c’è stata? La risposta, per chi abbia tempo e pazienza,  è  in due libri di Nello Ajello dedicati al rapporto tra intellettuali e partito comunista (**). Si tratta ovviamente di leggere tra le righe (altrimenti avremmo subito rinviato alle analisi di Del Noce, Melograni, Galli della Loggia: ma non ci piace vincere facile).  
Secondo Ajello, pur tra contraddizioni e ripensamenti,  la stragrande maggioranza degli intellettuali italiani  scorgeva nel Pci l’unica forza politica laica e illuminata  in grado di opporsi  all’ oscurantismo della  Democrazia cristiana, sul piano politico e culturale: oscurantismo,  madre e padre per così dire,  di tutti i mali  e compromessi italiani, dal liberalismo moderato di Cavour e Giolitti al fascismo di Mussolini. Un passato, di cui vergognarsi, da cancellare.  Di qui, la forte componente antifascista e antiliberale (nel senso  del liberalismo prefascista).  
Sicché il fatto che  democristiani  e liberali  avessero  mille sfaccettature  politiche era cosa che non poteva riguardare un giacobinismo culturale dalla ghigliottina facile, sempre in cerca di  capri espiatori. Pronto però a stendere (con qualche eccezione e contrasto, ovviamente)  un velo pietoso sulla sudditanza da Mosca, sul centralismo anti-democratico, sull’opportunismo politico del Pci.  E, poi, si pensava,  gli americani non finanziano anche la Dc? Quindi.  
Diciamo che - semplificando -  il fascino intellettuale del Pci discendeva dal suo virtuismo giacobino che sapientemente gestiva, distillava e di cui si riteneva amministratore unico. Alla base dell’egemonia culturale del Pci, c’è l’ atto di fede  in quel  Partito della Cultura che rimpiangeva, per l’Italia, la mancata riforma protestante e  la perduta rivoluzione giacobina.  
Tirando le fila,  se  si sottovaluta  - parliamo sempre del lato concettuale -   il sostrato religioso laicista-autoritario ( frutto avvelenato di una certa interpretazione della modernità) che ha motivato l’adesione degli intellettuali di sinistra  al Pci,  non si comprendono le ragioni della sua egemonia culturale sulla cultura italiana.  Per sposarsi, se ci si passa la metafora (bruttina) si deve essere in due: da un lato c'era  il Pci, con la sua struttura politica importante, dall’altro l’intellettuale orfano e nostalgico della rivoluzione protestante e giacobina (politicamente intese). E fu subito amore,  poi nozze.  Certo,  esistevano anche gli interessi concreti (case editrici, incarichi, visibilità eccetera),  che però andavano a saldarsi con la pseudo-fede religiosa nell’Italia giacobina, come dire,  con una predisposizione intellettuale all’atto (rivoluzionario, almeno a parole).  Naturalmente, il discorso sulle motivazioni economiche andrebbe approfondito a livello storico-statistico (quanti editori, quanti intellettuali, quanti incarichi accademici, quali libri, eccetera).
Però qui interessa la questione concettuale. Ecco perché  nell’articolo su Scola,   parliamo dell’assenza di anticorpi liberali,  nel senso  di una cultura del “giusto mezzo”, priva di eccessi,  a destra come a sinistra.   Lontana da ogni forma di estremismo culturale ( e politico). Tradotto: Vincenzo Cuoco e Benedetto Croce contro Gobetti e Gramsci.  E qui il liberalismo moderato, dovrebbe fare mea culpa (ma questa è un’altra storia, almeno per oggi).  E sul punto specifico  anche il libri di Ajello sono utili.  
Il furore dottrinario,  giacobino-religioso - sempre sul piano concettuale  -  una volta scomparso il Pci è  trasmigrato nel giustizialismo penale,  nell’  antiberlusconismo,  in qualche misura nel puritanesimo pentastellato, nonché  in quel giuridicismo motorizzato alla Rodotà,  ben colto ieri  da Ocone (***). Ma che abbraccia - attenzione - anche i  tifosi di Papa Francesco (si pensi ai "laiconi" di "Repubblica"), elevato a  grande riformatore democratico  della Chiesa…
Quindi non è finita. Parliamo di un virtuismo che continua a governare la cultura  attraverso l’egemonia del politicamente corretto, così caro alla sinistra post-comunista, la stessa, e concludiamo, che parla  per bocca  delle vedove ideologiche di Scola.

Carlo Gambescia


(*)   http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2016/01/la-scomparsa-di-ettore-scola-non.html

(**) Nello Ajello, Intellettuali e Pci (1944-1958), Editori  Laterza 1979; Il lungo addio. Intellettuali e Pci dal 1958 al 1991, Editori Laterza 1997.  


(***)  http://formiche.net/2016/01/22/le-unioni-civili-e-la-giuridicizzazione-della-vita-morale/

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