giovedì 15 ottobre 2015

Populismo
Per una teoria pura





Definizione di populismo:

Concezione politica ultrademocratica che, integrando spirito e lettera, rivendica nel e al popolo la fonte e l’esercizio diretto di qualsiasi potere. Il suo scopo è rimuovere o limitare attraverso la democrazia diretta,   qualsiasi distinzione e/o  mediazione tra governanti e governati.


Aree di studio:
Il populismo può essere studiato:
a) dal punto di vista della storia delle idee politiche, quindi delle  teorizzazioni, e conseguenti genealogie culturali.
b) dal punto di vista degli effettivi  comportamenti collettivi, quindi  sul piano politico e sociologico.
c) dal punto di vista della sue manifestazioni psicologiche, quale forma di mentalità collettiva (psicologia sociale)  che influisce, condiziona, determina i comportamenti pubblici.
d) dal punto di vista delle derivazioni in senso paretiano, quindi delle giustificazioni ideologiche di una  certa  prassi politica.

Argomentazione  dei punti a), b), c), d):

 Il populismo:
- dal punto di vista a) può essere ricondotto nell’alveo storico, da un lato delle teorizzazioni della democrazia diretta, dall’altro  delle critiche rivolte alla democrazia rappresentativa da  sinistra (teoria ultrademocratica) e  da destra (teoria antidemocratica). Nel senso che la critica della democrazia rappresentativa è comune -  partendo canonicamente dal 1789 -  sia alla tradizione rivoluzionaria che antirivoluzionaria;  tradizioni che però si dividono  in merito al  giudizio complessivo sulla democrazia.  Sotto tale aspetto esistono due populismi: uno di sinistra e uno destra. Diciamo che quello di sinistra è  consequenziale, per quanto riguarda l’argomentazione politica,  rispetto alle idee ultrademocratiche che propugna, mentre quello di destra,  usa le idee democratiche,  come una specie di Cavallo di Troia, per penetrare nella cittadella democratica e distruggere sia la democrazia diretta che quella rappresentativa. Il che significa che esiste un’area grigia sociale e politica, iniziale per così dire,  nella quale i due populismi si toccano, uniti nella comune critica alla democrazia rappresentativa.
- dal punto di vista b) occorre giungere a una classificazione di  tutte le forme di azione  sociale e politica che rinviano al  rifiuto della mediazione  politica e sociale in nome del purismo  ultrademocratico, secondo una scala   capace di valutare le diverse forme di exit, distinguendo tra  fisiologiche  proteste anti-establishment e  patologiche manifestazione anti-sistema.  Ad esempio, un movimento populista che si trasformi  in partito, partecipando alle elezioni e alla vita parlamentare, inevitabilmente tenderà a frazionarsi, secondo scale interne,  in  impuri  (anti-establishment) e puri  (anti-sistema). Per contro, rifiutando, ogni contatto con l’establishment e/o con  il sistema, un movimento populista  rischia  di guadagnare in  purezza quel che perde  in consensi e di trasformarsi in forma-setta.  In qualche misura, se ci consente la metafora,  i tratti politici e sociologici di un movimento populista, man mano che esso trascorre dallo stato gassoso a quello solido, divengono meno populisti in senso anti-sistemico, per acquisire caratteristiche anti-establishment, via via  però sempre più generiche.
 - dal punto di vista c) esistono difficoltà di studio oggettive. Perché, le forme di mentalità collettiva, di un fenomeno politico  allo stato gassoso sono difficilmente afferrabili perché sono pure reazioni contrarie, a livello di stato d’animo,  secondo una scala che va dalla sofferenza al  rifiuto. E anche qui si può registrare una convergenza, al livello di area grigia,  pre-politica,  tra soggetti che, per così dire, nella loro vita vigile, razionale, potrebbero esprimere preferenze politiche opposte.  Si pensi a un  atteggiamento (quindi pre-comportamentale) come  il  rifiuto istintivo dell’arroganza.  Come concettualizzarlo e misurarlo?  Perciò si può parlare di mentalità populista (e del suo studio)  solo abbracciandola nel suo divenire (il che è difficilissimo)  lungo il  passaggio  che va dal movimento all’istituzione: dallo stato gassoso a quello solido, quando ovviamente avviene. Inoltre, i comportamenti collettivi,  a differenza degli atteggiamenti, risentono della struttura istituzionale, da cui dipendono - nel caso la forma-partito-populista -   in cui si ripropone  la scissione tra puri e impuri, anche sul piano delle mentalità. Di qui la necessità, di determinare, anche a tale livello, le differenze tra  mentalità populista  anti-establishment e anti-sistema.  Ad esempio il rifiuto dell’arroganza,  nel populista, per così dire,  allo stato gassoso,  può implicare il rifiuto epidermico di qualsiasi autorità ( populismo anti-sistemico) o solo dell’autorità in quel momento costituita (populismo anti-establishment), in quello allo stato solido, pur permanendo tale dicotomia  poiché, in qualche misura, il populista,  proprio per mentalità ormai,  appartiene all’universo delle  autorità-istituzioni,  tenderà  a prevalere la tesi del ricambio dell' establishment e non quella del rifiuto del sistema.                 
- dal punto di vista d), delle giustificazioni ideologiche,  il populismo è uno strumento politico: nessuna forza politica moderna (a far tempo almeno dal 1789) ha mai rinunciato all’appello al popolo sovrano, ufficialmente perché detentore della legittimità delle istituzioni, ufficiosamente, per mantenere il proprio potere con il consenso del popolo.  Ovviamente,  secondo  una scala di priorità, distinzioni, attenuazioni  legate alle tradizioni politiche (liberali, democratiche, socialiste, comuniste, anarchiche, confessionali).  Sotto questo aspetto però  il populismo, sia allo stato gassoso (perché prende slancio da uno stato d’animo) sia solido (perché necessità, se vuole crescere di una forma-partito),  rivendica la sua estraneità rispetto alle altre tradizioni, presentandosi come “la tradizione” stessa della democrazia. In qualche modo esso  conduce alle ultime conseguenze, mescolando insieme ideali ( la democrazia) e interessi ( conquista e conservazione del potere) la teoria democratica della sovranità popolare.  Dicotomia che però tenderà, come abbiamo accennato,  a riproporsi nuovamente all’ interno della forma-partito populista nel conflitto tra puri e impuri. 
                                                                              
                                                                            Conclusioni

Parliamo di una dicotomia che in fondo rinvia, non solo alle contraddizioni  interne al  democrazia moderna tra premesse ideali  ed esiti reali,  ma alla stessa condizione delle organizzazioni politiche umane, che inevitabilmente, come insegna la buona scienza politica,  non possono  non dividersi in governanti (pochi) e governati (molti).  E la mancata comprensione (e accettazione) di questa costante della politica, da parte non solo del populismo ma di tutte le forze politiche ultrademocratiche, determina, al tempo stesso, la loro pericolosità e debolezza.  

Carlo Gambescia                 
       


  

Nessun commento:

Posta un commento