mercoledì 5 agosto 2015

Sfogliando i Principî di scienza della finanza
Luigi Einaudi e l’imposta progressiva




Ieri  sera sfogliavano  i Principî di scienza della finanza di Luigi Einaudi,  testo classico, oggi ingiustamente snobbato.  A pagina 122  il pensatore liberale ci riserva la seguente chicca sulla micidiale tassazione progressiva dei redditi individuali:

« È il caso di guerra. Quando si deve salvare il paese a ogni costo, non si possono più fare  ragionamenti di carattere economico e di carattere finanziario. Non è quello il momento  di pensare che l’imposta progressiva livellatrice distruggerà  il movente al lavoro e al risparmio e distruggerà la base imponibile. Qui non c’è tempo a pensare alle conseguenze lontane; c’è il nemico che batte alle porte. Lo stato può chiedere» ( Edizioni Scientifiche Einaudi, Torino 1956, ristampa della  quarta edizione).

Ecco,  Einaudi, con un’affermazione del genere, manifesta la sua natura di liberale politico, archico, triste, realista. Che, saggiamente, antepone al dottrinarismo economico le costanti del politico. In particolare, pur ripudiandola teoricamente, in caso di guerra (massima espressione dell’agire politico),  si accetta di fatto  “l’imposta progressiva livellatrice”. Perché in  gioco il destino del Paese.
Per contro, solo per irrealistiche ragioni ideologiche (di invidia sociale verso la capacità di produrre e moltiplicare ricchezza) , care a democristiani,  comunisti, socialisti e azionismo socialistoide, il principio della progressività  venne introdotto nella nostra Costituzione (articolo 53).
Da un lato un fulgido esempio di realismo liberale, dall’altro una pessima prova di dottrinarismo impolitico, semplificando, catto-comunista.  Di cui stiamo ancora pagando le conseguenze.
Carlo Gambescia

  

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