giovedì 16 aprile 2015

Il Papa, la teoria del gender e la scuola pubblica
Genderismo? Nessun "aiutino"(di Stato)




Non sappiamo se la teoria del  gender sia “espressione di frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non  sa più confrontarsi con essa”. Però raccogliamo il consiglio del Papa  “a non disertare il tema”.
Intanto, riportiamo nella sua completezza il passo che qui ci interessa,  tratto  dal discorso tenuto  ieri durante l’Udienza generale del mercoledì.

 “La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Eh, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione. Per risolvere i loro problemi di relazione, l’uomo e la donna devono invece parlarsi di più, ascoltarsi di più, conoscersi di più, volersi bene di più. Devono trattarsi con rispetto e cooperare con amicizia. Con queste basi umane, sostenute dalla grazia di Dio, è possibile progettare l’unione matrimoniale e familiare per tutta la vita. Il legame matrimoniale e familiare è una cosa seria, elo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta”.



La teoria del gender  - semplifichiamo -   è   frutto di un approccio culturalista.  Per cui uomini e donne sono tabula rasa e di conseguenza condizionabili su tutti i fronti (a partire da quello dell’identità di genere) attraverso i  processi di socializzazione e inculturazione (per dirla in socio-antropologhese). È scontato che una posizione  del genere  si scontri con l’approccio opposto della Chiesa Cattolica, che sempre per amor di semplicità (caro vecchio rasoio di Ockham), definiamo  metaculturale,  per cui uomini e donne  (e anche la coppia stessa) sono fatti a  immagine di Dio,  quindi nessuna tabula rasa, ma precise differenze ( a partire dal genere)  immodificabili.
Le due posizioni sono inconciliabili, non c’è ponte. Dal punto di vista politico si  tratta allora di garantire che sia i culturalisti che i meta-culturalisti possano liberamente professare le proprie idee. Come però? Di sicuro, non imponendo  nessuna delle due  “teorie”, magari attraverso le istituzioni scolastiche. Quindi niente “ora di religione” genderista, né di religione cattolica, ma neppure corsi di storia degli  approcci religiosi o genderisti…  Insomma,  non è una battuta,  niente laicismi genderisti o religiosi.  Mani nette.  Le idee, soprattutto se nuove, devono maturare spontaneamente e accettare la sfida del senso comune,  senza “aiutini” istituzionali.  E mai pertanto essere imposte dall’alto. L’idea dello Stato, virtuoso, pedagogista e confessionale verso qualsiasi religione, laica o meno, oltre che falsa è  totalitaria.  Quindi la scuola, in particolare quella pubblica, deve tenersi fuori dalla mischia. E non abusare -  principio che deve valere per ogni altra istituzione -   della sua posizione, in Italia purtroppo dominante.  
Concludendo, se è vero come sostengono alcuni, che in  classe  non  servono “crocifissi-crocifissi”, allora è altrettanto vero che non occorrono neppure crocifissi-genderisti.
Carlo Gambescia
     

       

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