venerdì 13 marzo 2015

Due anni di Papa Francesco
Dove va  la Chiesa?   




Provare a giudicare  i due anni di pontificato di Papa Francesco è un esercizio inutile.  Si tratta di un  “approccio” che può avere  senso sul piano  mediatico, più spicciolo.   Detto brutalmente:  per chi  vive di gossip,  pauperismo insincero, provocazioni stupide  e di “Santi subito!”. Anche perché, perfino le analisi,  apparentemente più approfondite,  non vanno oltre gli ultimi cinque o sei  pontificati:  diciamo che partono "serialmente" dalla “svolta”,  il Concilio Vaticano II. Limitandosi a valutare  il grado di  coerenza con i suoi assunti  "democratici" (più avanti,  il lettore capirà il perché del virgolettato). 
In realtà,  ogni pontificato andrebbe incasellato, strutturalmente (cosa che piace al sociologo) nel quadro ben più profondo della  “Lotta  per le investiture”, come del resto  ha osservato  Dalmacio Negro (*) .  Ovviamente,  non  in  senso storico stretto ( evenemenziale o politico-militare),  bensì  come metaconflitto tra potere laico e potere religioso:  un contrasto  che ha distinto la storia dei due poteri, e che oggi vede la Chiesa sulla difensiva,  grosso modo dalla Rivoluzione Francese.
Ora,  una volta assodata la natura del conflitto, che, semplificando è quello tra un dio  mortale ( lo Stato, o comunque tra  una delle  forme terrene assunte dal “politico” ) e un dio immortale  (la Chiesa come prolungamento di un potere ultraterreno), si deve procedere nel ragionamento, individuando un punto importante:  i due sistemi   obbediscono a forme di legittimazione, assolutamente opposte,  lo  Stato,  all’inizio vincolato,  a una sovranità discendente proveniente dall’alto (da Dio), oggi ubbidisce a  una sovranità ascendente, proveniente dal basso (dagli uomini);  la Chiesa, per contro, continua a ubbidire, come asserisce pubblicamente,  a una sovranità   proveniente dall’alto.  Resta difficile dire, se nella "eterna" lotta per le investiture,  anche la Chiesa si “emanciperà”, laicizzandosi del tutto, o se sarà lo Stato a fare un passo indietro.    
Si può solo anticipare,  che per ora - ovviamente dal  punto di vista dei presupposti interni -   mentre il  potere politico sembra mostrarsi  perfettamente coerente con i propri,  il potere religioso, come abbiamo detto  sulla difensiva  da almeno un paio di secoli,  non sembra più sicuro dei suoi presupposti.  
Non  interessa qui discutere circa la  bontà dei valori degli uni o degli altri, ma più semplicemente dei  livelli di coerenza  del “Sistema-Stato” e del “Sistema-Chiesa”,  rispettivi prolungamenti, ripetiamo,  del potere politico e religioso.  Diciamo allora che la Chiesa, per quello che riguarda i principi, quale sistema a struttura aristocratica e gerarchica, basato sulla sovranità ultraterrena,  rischia di somigliare sempre di più allo Stato che invece, sempre a livello di principi,  è un  sistema a struttura democratica, razionale-legale, fondato sulla sovranità terrena. Per inciso, uno Stato che va perdendo i suoi confini, tornando a farsi universale, come la Chiesa, e quindi ancora più minaccioso.  Che poi nei fatti esistano costanti, che mostrano che i due sistemi, non sono completamente aristocratici (la Chiesa) né democratici  (lo Stato),  è un’altra questione: metapolitica. E chi ci legge sa che cosa intendiamo.
La Chiesa, più si democratizza e laicizza,  più  snatura  i suoi principi,  più  rischia di confondersi con le organizzazioni laiche di tipo umanitario ( dal Ministero della Salute, attraverso le Ong, fino alla Fao e all’Onu): organizzazioni  a sovranità ascendente,  terrena. Diciamo che la Chiesa rischia di svuotarsi dall’interno.
Si tratta di un bene? Si tratta di un male?  Dipende dal punto di vista ideologico. Non possiamo che rispondere,  come Papa Francesco:  “Chi sono io per giudicare?".  Con una differenza fondamentale però:  che il Santo Padre, in quanto parte in causa, a differenza  di un puro e semplice studioso come chi scrive,  dovrebbe  giudicare.  Eccome.

Carlo Gambescia     


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