giovedì 19 febbraio 2015

Le lacrime di coccodrillo di Veneziani
Finis destra 

"Festeggiamenti"  in onore  di Gianni Alemanno eletto Sindaco di Roma (2008).

Quando Veneziani  scrive, piangendosi addosso,  dello sciagurato destino non solo  culturale    della "destra"  post-missina commette tre  errori. 
Il primo, di continuare a omologare  destra e fascismo, confondendo un pensiero  illiberale e antidemocratico, con il pensiero conservatore, liberale e democratico;  semplificando: di confondere Giolitti  con  Mussolini,  Pareto con Gentile,  Mosca con Costamagna.
Il secondo,  di sopravvalutare l’effetto di ricaduta  delle idee politiche,  e in particolare  quelle  della cosiddetta cultura della tentazione fascista (Kunnas).  In altri termini,  di ritenere possibile di modellare la società secondo precisi  schemi ideologici. Si tratta dell’errore costruttivista (Hayek, Boudon, Ricossa). 
Il terzo,  rappresentato dalla somma degli errori precedenti,  di  dare per certo, e non importa se implicitamente o meno, che il fascismo possa tuttora insegnare qualcosa e che questo qualcosa, se lo si volesse, potrebbe essere  implementato.
Ora, se si scompone il fascismo nelle sue due principali componenti ideologiche, si scopre che  quel che ci può essere, non diciamo di buono,  ma comunque  di  “riutilizzabile”  all’interno della società liberal-democratica,  rinvia ad altre tradizioni politiche: per i principi sociali ed economici  alla socialdemocrazia (Sternhell; sottratto, naturalmente, l’asfissiante stato corporativo…); per quelli di autorità e legalità  allo stato di diritto liberale (Fassò; al netto, ovviamente, dell'involuzione autoritaria e poi totalitaria, post-1925 e 1936). Per contro, quel che c’è  di assolutamente  specifico nel fascismo, resta francamente improponibile: il disprezzo per la libertà politica ed economica, la statolatria,  il bellicismo, il razzismo (Emilio Gentile).
Esistono poi  alcuni fattori,  come dire,   di sensibilità, ambientali, ( anticapitalismo, anticomunismo, antiparlamentarismo, antisemitismo, antiamericanismo,  antimodernismo ),  che  hanno rappresentato la serra calda  in cui si è sviluppato il fascismo (Kunnas, De Felice, Gentile). Fattori che tuttavia hanno in qualche misura distinto e continuano a  distinguere  quella temperie reazionaria, in chiave epocale, contigua,  almeno a far tempo dalla Rivoluzione Francese,  al pensiero conservatore come a quello progressista (Voegelin, Del Noce).  Contiguità che  rinvia, tuttora,  piuttosto che al concetto di  fusione, a quello di una confusione inglobante i reazionari di destra e di sinistra,  irriducibili nemici  della modernità capitalista e della società aperta (Popper, Pellicani, Boudon).
Ora,  è evidente,  che, a prescindere dalla scarsa qualità politica e culturale  dei suoi membri,  la destra  neo-fascista (e post-fascista)  non avrebbe comunque potuto portare alcun contributo positivo all’ opera  di  ricomposizione infrasistemica  delle diverse destre italiane, abbozzata da Berlusconi: né sul piano dei resipiscenti contenuti programmatici di stampo socialdemocratico,  né su quello di una sensibilità culturale,  reazionaria e ostile alla società aperta. Il che spiega, piaccia o meno a Veneziani, che  ne  è il simbolo intellettualmente più ridicolo,  il definitivo e giusto sprofondamento nell’insignificanza  di un mondo, già a suo tempo popolato di sopravvissuti  della politica e della cultura.  In poche parole,  un mondo ripiegato su se stesso e perfettamente inutile.

Carlo Gambescia

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