venerdì 30 gennaio 2015


La vittoria di Tsipras  e  il ritorno di Carl Schmitt
Grazie,  Grecia
di Teodoro Klitsche de la Grange

Grazie Grecia


La vittoria – attesa – di Tsipras in Grecia è l’ultimo (in ordine di tempo) sintomo che i popoli europei non sopportano più i metodi di gestione della crisi, peraltro sospetti di essere messi in opera – almeno in diversi casi – da chi ad aver provocato la stessa non era estraneo.
Il tutto fa seguito alle grandi affermazioni del front nationale in Francia, del Movimento 5 Stelle in Italia, ed alla crescita generale dei partiti anti-sistema. Il tutto si presta ad alcune riflessioni di carattere generale.
La prima: viene meno il continum – e la contrapposizione - destra-sinistra, che ha condizionato la vita pubblica (e i sistemi politici) dalla Rivoluzione francese in poi, ancor più nel secolo breve. La quale si fondava sull’identificazione del nemico secondo la scriminante di classe: per il proletario il nemico era il borghese e viceversa.
Crollato il comunismo tale dicotomia ha perso senso. In conseguenza, secondo una regolarità della politica, s’identifica un nemico nuovo; onde la vecchia opposizione viene meno.
Prova di ciò è la diversità dei partiti che guidano, nei rispettivi paesi, la lotta: un partito di (estrema) destra in Francia, uno di (estrema) sinistra in Grecia, un movimento non iscrivibile nella vecchia dicotomia e guidato da un comico in Italia, oltre a diversi partiti regionalisti o (genericamente) di protesta in altri paesi. Tutti uniti dall’avversione al nemico “nuovo” quanto diversi e addirittura opposti secondo la vecchia contraddizione.
La seconda è che i sistemi politici si stanno nuovamente polarizzando. La corsa verso il centro pare arrestarsi e si va profilando un aumento delle “estreme”, con la novità (relativa) che convergono (o tendono a convergere, diversamente da quanto accadesse in passato. Non essendoci (o essendovi, ma più debole) una scriminante ideologica, ma essenzialmente di interessi, la (parziale) coincidenza di questi fa si che la contrapposizione “ideale” sia relativizzata.
Piuttosto il nemico diventa interno/esterno, un po’ come quello delle guerre partigiane, condotte contro una potenza esterna e i di essa collaborazionisti (interni); anche se la lotta non ascende al livello della guerra tradizionale, neppure di bassa intensità (ossia resta lotta ma non guerra). Si veda anche per il caso di Monti in Italia come il governo fosse percepito quale collaboratore subordinato di un potere esterno; per cui questo e quello sono considerati estranei, e di dubbia- o assente- legittimità. Proprio il caso di Monti è emblematico: l’estraneità del quale al “circuito” democratico è stata corroborata dei modestissimi risultati ottenuti nelle competizioni elettorali successive: dal 10% alle politiche del 2013 al microscopico 0,7 % delle europee del 2014. Anche nel caso della Grecia, anche se meno evidente che nel caso italiano, i risultati del Premier uscente Samaras sono stati largamente inferiori a quelli delle precedenti elezioni parlamentari (-6%); occorre tuttavia notare che, diversamente da Monti, Samaras era stato regolarmente designato dal corpo elettorale, e quindi aveva un “capitale” di consenso, che mancava al nostro.
La terza riflessione è che il nemico ha, da sempre, una funzione di ricompattamento dell’unità politica. Lo scriveva – tanto per restare in Grecia – già Eschilo nelle “Eumenidi”: “E scambio ci sia di gioie nella comune concordia; è unanime odio ai nemici: delle molte calamità unica medicina è questa ai mortali”. Anche se nel caso contemporaneo il “nemico”, non è uno Stato ma qualcosa d’altro (poteri forti, euroburocrazie e così via). Tuttavia ha sempre l’effetto di scriminare chi fa parte della comunità politica e chi ne è estraneo, interno ed esterno. La convergenza di forze politiche d’origine così diversa ne è una conferma.
La quarta: scrive Schmitt che l’importante, in politica, è individuare il nemico reale; un errore su chi sia può portare alla dissoluzione      di uno Stato, o alla perdita del potere da parte del capo e/o dei ceti dirigenti.  Combattere contro nemici immaginari, peraltro è dannoso, perché serve solo ad occultare l’esistenza e le trame del nemico reale. E ciò in un paese    fondamentalmente anticomunista e segnato, nel dopoguerra, da una sanguinosa guerra  civile, aver  dato il potere ad un esponente di estrema sinistra  non   appare, come sarebbe sembrato mezzo secolo orsono un errore fatale ma un atto di esatta percezione politica della concreta realtà attuale (e dei relativi rapporti). Perciò occorre ripetere grazie, Grecia.
                                               Teodoro Klitsche de la Grange



Teodoro Klitsche de la Grange è  avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009),  Funzionarismo (2013).


2 commenti:

  1. E' difficile trovare oggi, sia sul web che sui media nazionali, una analisi di tale spessore. I tromboni del sistema manco sanno chi sia il politologo tedesco. Grazie signor de la Grange.

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  2. Angelo, grazie a nome di Teodoro: questa è la sua pagina Fb: https://www.facebook.com/profile.php?id=100007669939120&pnref=story Se vuoi... :-)

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