venerdì 9 gennaio 2015

Il libro della settimana: Jorge Sánchez de Castro Calderón, El único paraíso es el fiscal, Isabor - Nuevas Empresas Políticas 2014,  pp. 168 , Euro 15,00.  


Come  recita l’adagio, chi ben inizia…  Parliamo della collana, “Neuvas Empresas Políticas”,  erede dell’omonima rivista, entrambe  fondate e dirette da Jerónimo Molina, politologo e professore dell’Università di Murcia, che inaugura le  pubblicazioni con  l’ottimo libro di  Jorge Sánchez de Castro Calderón,  El único paraíso es el fiscal (Isabor - Nuevas Empresas Políticas). Come definirlo?  Un pamphlet? Ne ha  i requisiti,  perché è  sintetico, incisivo, ricco di  ghiotte citazioni  tratte dal  cinema e dalla letteratura. Memorabile  il parallelo, tra la pazza corsa delle automobili verso l’abisso, la  chicken run  di  "Rebel Without a Cause" (Gioventù bruciata”) ,  film cult che lanciò James Dean,   e quella altrettanto folle dello  Stato-Provvidenza  verso il dirupo della spesa pubblica… Come nel film, anche lo stato sprecone, prigioniero  di un logica deviata del consenso, potrebbe non  riuscire  a saltar  fuori  un attimo  prima  della caduta della vettura  nel precipizio.  Insomma,  come nella  pellicola qualcuno potrebbe farsi male…    
Un saggio politologico?  Anche.  Dal momento che il suo autore, coltissimo avvocato madrileno, appartiene, crediamo per scelta caratteriale  e  formazione universitaria (allievo di Dalmacio Negro),  alla categoria dei  realisti  politici.  Sánchez de Castro non perde mai di vista  la questione, concretissima,  del ricambio sociale delle élites in democrazia. Forse  senza saperlo, è  un paretiano di origine controllata.   Del resto, parliamo di un   fattore essenziale: senza ricambio politico,   le democrazie appassiscono, proprio come piante prive  di  acqua e luce solare...  E, anche in questo caso,  si  rischia di  farsi male…
Un piccolo ed elegante  viaggio intellettuale  verso la meravigliosa terra di Utopia,  dove nessuno pagherà più  tasse e imposte?  O comunque in misura minima?  Pure.  Tuttavia, più che di utopia vera e propria, parleremmo di idea regolativa. Del resto il fine di  Sánchez de Castro è  molto concreto:   evitare  che  i cittadini,  vessati da occhiuti poteri pubblici, prima o poi,  stanchi,  finiscano per  reagire  e così  farsi e fare del  male… Per un uomo d'ordine la disobbedienza civile è sempre un' arma a doppio taglio: il confine tra ribellione è rivoluzione è sempre particolarmente sottile.   
Diciamo che  El único paraíso es el fiscal è  le  tre le cose messe insieme. Ed elegantemente. In qualche misura  la chicken run  è una  metafora che attraversa e conferisce senso politologico al libro: indicare i pericoli di una stupida corsa (delle istituzioni)  verso il precipizio per  evitare che qualcuno (governanti e governati)  possa farsi male.  E in scienza politica, il male assoluto resta la “rivoluzione”.  Il  vero nemico  di  Sánchez de Castro  - come per ogni libero cittadino e per ogni prudente politico -   e lo “Stato Cannibale” che divora  l’economia a  colpi  pressione tributaria,   per autoalimentare le proprie burocrazie, dando in cambio una protezione sociale sempre più  corrotta e  costosa, madre di  tutte le forme di malcontento. Un disastro.
Il problema non è solo spagnolo ma riguarda altre nazioni europee come  ad esempio  la Francia e l’Italia. E qual è la ricetta Sánchez de Castro?  La rifondazione dal basso. Un processo a mano invisibile.  Il classico “passo indietro", evocato dal pensiero libertarian:  dallo Stato-Nazione alla Città-Stato; dalla Città-stato (di tipo più rinascimentale che antico)  all’Individuo Creativo, lasciato libero di intraprendere, produrre, creare ricchezza.  Detto altrimenti: dallo strapotere dello Stato-Provvidenza al micropotere delle “comunità autonome” (che in Spagna esistono), strette intorno  a cittadini liberi e forti.  Meno potere pubblico, meno burocrazie, meno costi, meno corruzione,  meno tributi per  i cittadini,  nonché  -  punto qualificante dell’intero discorso -  il sorgere di una  benefica concorrenza al ribasso  tra sistemi fiscali ridotti ai minimi termini.   Insomma, quel  “paradiso fiscale” del titolo che,  secondo  Sánchez de Castro, potrebbe estendersi  alla  Spagna e  all’intera Europa…  Magari partendo proprio da Gibilterra,  teorizzata   come  la  Shenzen (zona franca  fiscalmente cinese) spagnola.
Il problema di fondo crediamo però  sia quello di come  “convincere” i britannici (per Gibilterrra) e  l’ Ue (per Spagna e Europa), dal momento che se  è vero,  come da trattati,  che la concorrenza  è vista con favore da Bruxelles, è altrettanto vero che gli euroburocrati, quasi tutti di estrazione socialista e democristiana,  difficilmente metteranno in discussione il sistema delle provvidenze e dei fondi europei, sui quali prosperano, complici le rendite di posizione,  parassitarie, di alcuni settori:  si pensi solo all’agricoltura europea.  Parliamo di un  sistema di inutili aiuti   alimentato dalle tasse crescenti, occulte o meno,  pagate da un cittadino europeo, che rischia prima o poi  di trovarsi  ridotto  a moderno servo dell’ eurogleba.  
Quindi siamo assolutamente d’accordo  con  Sánchez de Castro: alla lunga,  a tirar troppo la corda-tasse, qualcuno potrebbe farsi male. Insomma,  la sua neppure tanto “modesta  proposta per  prevenire” (per citare Giuseppe Berto)   è in linea di principio, giusta,  interessante e  condivisibile.  Tuttavia, crediamo di  non facile, o meglio immediata realizzazione. Forse  sarebbe prima  necessario avviare quella  perestrojka europea, dottamente  evocata da Dalmacio Negro,  eccellente pensatore politico,   in Il dio mortale. Il mito dello stato tra crisi europea e crisi della politica (Edizioni il Foglio  http://www.ilfoglioletterario.it/Catalogo_Biblioteca_Il_Dio_mortale.htm ). I politici, però, prima dovrebbero rimettersi a studiare… Monito che  per molti di essi, sembra suonare quasi come una bestemmia. Alla stregua  di Mary Poppins  si “ritengono semplicemente perfetti”( nostra citazione dall’omonimo film).
Insomma, serve,  ex ante,  un  radicale mutamento di mentalità.  In qualche misura il processo è circolare: il cambiamento implica nuovi uomini, i nuovi uomini rinviano a nuove idee sul cambiamento, senza nuove idee nessun cambiamento.  Di qui,  l’importanza  dell’eccellente libro di Sánchez de Castro che  propone soluzioni controcorrente.  Certo, servirà tempo… Mentre  la chicken run   sembra   procedere a tutta velocità …

Carlo Gambescia

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