lunedì 12 gennaio 2015

Equivoci. La grande manifestazione parigina di ieri
Da "Je suis partout" a "Je suis Charlie"?




La Francia è scesa in piazza. Di regola, le grandi manifestazioni lasciano il tempo che trovano. Certo, hanno un valore simbolico, che però a livello collettivo si dimentica subito. La gente comune ha la memoria corta e si muove in modo istintivo.  La Francia  del 1940, che, per paura, non desiderava  assolutamente continuare a combattere contro Hitler, perché  voleva la pace o ogni costo, accolse Petain come il salvatore della Patria.  Grazie  al “Generale” trionfavano le tesi di “Je suis partout”, pubblicazione di estrema destra, principale organo di stampa del pacifismo filonazista e del collaborazionismo negli anni dell’occupazione tedesca.  E per  mettere fine all'equivoco "pacifista" ci volle un altro generale,  Charles de Gaulle. E un notevole tributo di sangue, pagato alla libertà dal nazifscismo. 
Dispiace dirlo,  ma il “Je suis Charlie” (che in qualche misura  ne  parafrasa  la testata), invocato ieri  da più di un milione di persone e  ufficializzato dalla presenza di numerosi capi di stato (non c’era Obama però…), ricorda  quel  pacifismo  filohitleriano degli anni Quaranta: in basso, tra le masse,  per la voglia disperata che tutto possa tornare come prima, senza alcun sacrificio e all’insegna di un  lasciateci vivere in pace…  ( atteggiamento simile  a quel “Meglio rossi che morti”, filosovietico,  assai diffuso in Europa  durante la Guerra fredda); in alto, tra le élite, per guadagnare  facile  popolarità, per rassicurare genericamente i cittadini,  per mostrare una qualche reazione a costo zero:  calcoli a scopo dilatorio.
Perciò  il vero  punto è:  alla  grande manifestazioni di Parigi, seguiranno misure concrete?   Esiste, realmente, una volontà di lottare e  colpire  in modo inesorabile  il nemico.  Al  quale  - attenzione -   non basta "notificare" che si è disposti a vivere, come prima,  tutti insieme felice e contenti:  "liberi, eguali e solidali "(come si legge nella  foto).  Semplificando:  se è  il nemico a sceglierti come tale,  perché vuole distruggerti,  la mano tesa non serve, perché ti verrà subito tagliata…
Ciò però  non  vuol dire che ieri  si  doveva  marciare "in difesa della Civiltà",  al ritmo del passo romano, digrignando i denti come cani arrabbiati in uniforme.  Le manifestazioni di piazza, soprattutto se pacifiche,  fanno parte della nostra cultura politica. Quindi saranno sempre benvenute. Ma non devono servire a  creare illusioni di pace  astratta tra le masse  e soprattutto come alibi a élite politiche divise e  indecise a tutto. Perciò, questa  volta,  niente equivoci: Gollisti, subito!      

Carlo Gambescia   

                      

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