domenica 26 ottobre 2014

Meno stato, meno tasse, meno burocrazia
Destra e questione fiscale



Buondì a tutti. Sulla rapporto tra  destra e  questione fiscale, cui accennavo  ieri sera,  invito a leggere un libro molto bello da me recensito qualche tempo fa For Good and Evil. L’influsso della tassazione nella storia dell’umanità di Charles Adams,  Liberilibri Editrice (*). Testo da leggere attentamente perché  in Italia  purtroppo, manca una cultura antifiscale, degna di questo nome. Soprattutto a destra. Nel senso di un collegamento alto (in termini di autori, valori e costumi sociali) tra il rifiuto di pagare le tasse, quando si fanno esorbitanti,  e la libertà individuale minacciata  da una autentica espropriazione, mascherata con  finalità pesudosociali.  Gli italiani - dispiace dirlo - credono  (o fingono di credere...) alla storiella dello stato Robin Hood,  redistributivo, che a fin di bene toglie al ricco per dare al povero...  Che vi creda chi vota sinistra, può essere  compreso... Secoli  di odio di classe non scompaiono con un colpo di bacchetta magica... Ma  chi è  di destra, e quindi dalla parte dell'individuo e non del collettivo, dovrebbe sapere che lo stato non è assolutamente il prolungamento sociale della bontà umana. E quindi dovrebbe imparare a  diffidare delle burocrazie statali che ne sono il braccio operativo, come dire il pendant strutturale. Voraci e capaci di alimentare solo se stesse.
E invece no. Anche a destra si propongono - tirando fuori il senso dello stato e gonfiando il petto - politiche redistributive.  E in che modo? Promettendo tutto a tutti e imponendo tasse e imposte, ovviamente, crescenti.  Perché,  come prova  Adams,  lo stato fiscale,  non dà nulla per nulla.  E quel che dà, lo dà male, perché  le burocrazie, come ogni altro gruppo sociale, pensano solo a  se stesse. Più lo stato interviene, più cresce la pressione fiscale, più le burocrazie rifiutano di ridurre le risorse a propria disposizione.  Infatti, in  “natura sociale” non esiste alcun gruppo disposto a cedere risorse, per giunta gratuitamente.  Di qui la favoletta della redistribuzione ad uso e consumo dei burocrati: siamo qui per fare il vostro bene, cari cittadini…  E invece, come  è naturale che sia, fanno il loro.  Qui, infatti, sono i cittadini - ecco la mancanza di una diffusa cultura antifiscale - che non  non fanno  il proprio interesse, che consisterebbe non nella pura e semplice protesta fiscale ( o peggio nell'atomistica evasione..), bensì nell'imporre la traduzione politica - quindi operativa - di una riforma fiscale  in grado di tagliare -  metaforicamente s'intende - la testa ai burocrati.   Sicché,  in assenza, di una reazione a livello "politico" (del resto, come abbiamo detto, non sollecitata a livello sociale),  le burocrazie  continuano a rendere  impossibile qualsiasi riforma. Tutto questo va ad alimentare quel  circolo vizioso della paura, che sembra attanagliare la destra, timorosissima dello scontro sociale, come  prova la passività  del governi Berlusconi.   Purtroppo il cambiamento non è mai indolore. Come del resto dimostra quel che  sta accadendo a Renzi  entrato in rotta di collisione con le burocrazie sindacali.    
Perciò, concludendo,  qual è la ricetta per una destra che voglia ritenersi tale?  Meno stato, meno tasse, meno burocrazia.  Il che però richiede innanzitutto un coraggio e un' intelligenza politica che finora la destra non ha mai  mostrato di possedere.   Anche perché, una cosa è cavalcare la rivolta fiscale per vincere le elezioni,  un’altra  tradurla in  serio  programma di governo, da applicare in modo inflessibile.      

Carlo Gambescia    



Nessun commento:

Posta un commento