mercoledì 8 ottobre 2014

Matrimoni Gay
Un approccio hobbesiano



Può esistere un diritto a sposare una persona dello stesso sesso?  Sul piano del diritto positivo, dove non  è l’autorità ma la forza delle istituzioni a fare la differenza, sì.  Sul piano del del costume sociale  possono  invece sussistere varie posizioni e pratiche: dalla negazione assoluta all’approvazione totale, passando per varie sfumature del conformismo politico, ideologico e culturale.  Ciò però  significa che fino a quando non  ci sarà perfetta   consonanza culturale tra diritto positivo e costume sociale,  l’idea delle “nozze gay” continuerà ad essere fonte di conflitti, tanto più gravi quanto più  forti e coese saranno le divisioni sociali. Questo in linea teorica, perché in linea pratica  l'assoluta consonanza, o consenso  sociale  è un obiettivo impossibile da conseguire, come ben  prova  l'esperienza storica e sociale
Due notazioni.
La prima è che non esistono diritti, se non quelli sanciti dalle leggi e tutelati dai codici e  soprattutto dalle forze di polizia.  E che di conseguenza - seconda osservazione -  il cosiddetto diritto alla felicità, invocato dalle comunità gay ( e non solo) è una costruzione culturale che  non potrà non  avvalersi per essere implementato dell'uso della forza. E non solo in fase di istituzionalizzazione, ma anche dopo, dal momento che il consenso sociale è storicamente fluttuante e inafferrabile. Insomma - come insegna Hobbes - il consenso sociale divide, la forza delle istituzioni unisce.   
Il che implica che il culturalismo  - così apprezzato dai sostenitori della teoria del gender (genere) -  è un’arma a doppio taglio:  nel senso  che alla forza per implementare una costruzione "culturale" ricorrono inevitabilmente tutti. Semplificando:  amici e nemici della comunità gay.  Magari,  si può concedere che  le tesi contrarie al matrimonio tra persone dello stesso sesso siano costruzioni culturali che possono vantare,  per così dire,  maggiore anzianità di servizio.  Che però se non corroborata dalla forza ( o da un inafferrabile consenso assoluto)  rischia di contare poco o nulla.
Parliamo di una discrasia  che, riflettendo la costante  frattura tra diritto e costume sociale ( tra forza  e cultura, se si vuole), mantiene i conflitti  sempre vivi,  come ad esempio mostrano le  varie  reazioni suscitate dalla circolare Alfano - si noti Ministro dell’Interno, a capo, come dire, del  Ministero della Forza Pubblica -  sulla cancellazione  delle nozze gay   contratte all’estero.
Ciò avviene anche perché  gli uomini,  in ultima istanza,  al capire preferiscono il credere:  al logico il non logico; alla argomentazione scientifica  la mitologia sociale, spesso nascosta, per dirla con Boudon, dietro "buone ragioni" che però sono accampate da tutte le parti in conflitto. Quindi, piaccia o meno,  il livello di istruzione collettiva  ha un valore più che altro statistico-figurativo…   
Di qui però i  perenni conflitti culturali sempre pronti a trasformarsi in vere e proprie guerre civili. E la necessità di dirimerli, per garantire, anche se temporaneamente, la pace sociale, attraverso  lo scambio protezione-obbedienza, come Hobbes aveva ben capito.
Insomma, i diritti, buoni o cattivi che siano,  per imporsi e durare  hanno  sempre bisogno della spada.  


Carlo Gambescia  

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