martedì 24 giugno 2014

Gli adoratori del sole di  Stonehenge
Ritorno del paganesimo?
No, persistenza del  "fattore" religioso





Prima la notizia:

Stonehenge: in migliaia per il solstizio d'estate

Almeno 36mila persone hanno partecipato alle consuete celebrazioni del
Solstizio d'estate presso il sito preistorico di Stonehenge, tra i misteriosi megaliti che si trovano nel sud dell'Inghilterra. Insieme agli aspiranti druidi e adoratori del sole erano presenti anche famiglie e scolaresche, che hanno aspettato il sorgere del sole sul giorno più lungo. Tutto si è svolto pacificamente a parte 25 arresti quasi tutti per possesso di stupefacenti



Che dire?  Ritorno del paganesimo? No.  Si tratta di un   fenomeno  collettivo  che consiste nel raduno  di  alcune decine di migliaia di persone (il cui numero sull’onda del rinnovato interesse verso la natura  è aumentato negli  trent’anni)  tese a celebrare,  semplificando,  un entità divina solare.
Il vecchio Spencer, parlerebbe di sopravvivenze, Mircea Eliade di  meccanismi antropologici e simbolici ricorrenti, Jung più esplicitamente di manifesta  influenza  archetipica.  Ci siamo  limitati a   tre sole spiegazioni.
E sul piano sociologico?  L’uomo, da sempre, vuole sentirsi parte di qualcosa. Insomma, non è un’isola. In questo senso,  il sole rinvia alla vita, e quest’ultima alla natura come involucro inglobante.  Quel che  sarebbe  interessante capire è il grado  di coinvolgimento collettivo tra i partecipanti. Per essere più chiari: si va da soli a Stonehenge, magari con la famiglia o la fidanzata, oppure come membri di organizzazioni “religiose”?   Nel caso di prevalenza dei primi, saremmo davanti,  a una religiosità personale, priva di risvolti politici (nel senso del conflitto amico-nemico, anche solo ideologico), nel secondo caso, invece, sarebbe vero l’esatto contrario.
Inoltre andrebbero distinte, sia sul piano collettivo che individuale, le varie forme della  religiosità espresse dai “fedeli”, le cosiddette motivazioni: estetica, emozionale, intellettuale, carismatica (solo per indicarne alcune). E, soprattutto  i tempi di durata  e mobilità delle “conversioni” (gli eventuali passaggi  precedenti da una   “religione” all’altra).
Insomma, come si può notare, siamo davanti a  quadro complesso.  Nel quale  però c’è un  elemento comune a ogni credo religioso: quello del legame (individuale e collettivo)  con un’entità  diversa dall’uomo (diversità i cui gradi variano secondo le  religione). Potremmo definirla “fame di  sacro”, alle cui origini,  alcuni studiosi,    pongono  la “fame di trascendenza”, distinguendo,  in chiave gerarchica (e qualitativa) il sacro, quale epifenomeno,  dal  trascendente.  
Perciò, per tornare alla domanda iniziale: ritorno del paganesimo? No, persistenza, nonostante i processi di secolarizzazione,  del “fattore”  (o "residuo" per dirla con Pareto) religioso: quell'insopprimibile legame (variamente articolato) tra l' uomo e l'assolutamente diverso. Come in ogni religione. 
Di sicuro la nostra risposta scontenterà i fondamentalisti delle varie fazioni: i sostenitori della  "vera" religione.  Ma la sociologia  - non ci stancheremo mai di ripeterlo -   non va  mescolata con la teologia, cristiana o pagana che sia...    

Carlo Gambescia                           

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