giovedì 13 aprile 2006

Profili/22 
Jacques Ellul



La fama internazionale di Jacques Ellul (1912-1994) risale agli anni Sessanta, quando uscì tradotto tradotto in inglese, il suo La technique ou l'enjeu du siècle (1964, trad. it. Giuffrè Editore, Milano 1969), pubblicato in Francia nel 1954. Un "lancio" probabilmente favorito anche dal grande interesse verso quest'opera mostrato fin dalla sua apparizione da Aldous Leonard Huxely, morto un anno prima nel 1963. Interesse dovuto probabilmente all' innamoramento del romanziere, saggista e sceneggiatore hollywoodiano per il misticismo indiano e per tutto ciò che poteva contrastare il razionalismo tecnocratico dell'Occidente, come ad esempio La tecnique. Oggi, Ellul, tuttavia continua a essere interpretato, soprattutto nel mondo angloamericano, secondo questa direttrice "controculturale", come uno dei padri del pensiero ecologista. Il che è vero. Ma, come dire, è solo una parte della storia. Ellul è un pensatore molto concreto. Un sociologo, anche se giurista di formazione, che ha elaborato una teoria delle istituzioni sociali, basata sull'ambivalenza dell' agire istituzionale, teoria che non spiega solo le contraddizioni insite nella tecnica e nella società produttivista, ma anche in ogni altra forma di istituzione sociale. Da questo punto di vista definirlo un pensatore ecologista, è piuttosto riduttivo: la sua teoria delle istituzioni, è così generale e profonda, che può essere applicata, a qualsiasi forma di istituzione sociale. Anche paradossalmente, a una futura, e tutto sommato auspicabile, società fondata su principi "ecologisti".
Jacques Ellul nasce a Bordeaux nel 1912, "per puro caso", come scrive. Infatti nelle sue vene scorre sangue serbo, italiano, portoghese e francese. Il padre è procuratore legale, la madre insegnante. Le condizione economiche della famiglia sono mediocri. Fin da bambino Ellul rivela intelligenza vivace, spirito indipendente, amore per lo studio, ma anche per la libertà e la natura. Si addottora in diritto nel 1936. Insegna a Montpellier (1937-1938), e poi a Strasburgo e Clermont-Ferrand. Durante la guerra partecipa alla resistenza. Esonorato dall'insegnamento unievrsitario, si dedica alla coltivazione di un "orticello di guerra": esperienza di cui andrà sempre fiero. Nel dopoguerra, dopo una deludente esperienza politica nell USDR (Union Démocratique et Socialiste de la Résistance) torna all'insegnamento presso l'Università di Bordeaux (Facoltà di diritto e di scienze politiche). Dove svolgerà la sua attività di docente di storia delle istituzioni fino al 1980, anno in cui va in congedo per limiti di età. Tra il 1958 e il 1977 presiede l' Associazione per la Prevenzione della Criminalità Giovanile. Ellul è un fervente cristiano, che però rifiuta ogni forma di estemismo. Ricopre ruoli direttivi nel Chiesa Riformata di Francia. Così come è noto il suo impegno in campo ecologico, al quale resterà fedele per tutta la vita, e che lo condurrà a presiedere il "Comitato per la difesa della Costa dell'Aquitania".
Difficile stabilire quali autori abbiano influito sul suo pensiero. Alcuni critici hanno parlato di Kierkegaard, Marx, Karl Barth, e anche dell'importante ruolo intellettuale giocato dalla grande amicizia con Bernard Charbonneau. Va ribadito però un fatto: Ellul ha costruito una teoria dell'ambivalenza dell'agire istituzionale totalmente originale.
Secondo Ellul le istituzioni (come forme di comportamento sociale), una volta sorte e sviluppatesi, assumono una forza propria, che è in contrasto con quelli che erano i fini primitivi dell'istituzioni. L'agire tecnico ad esempio - ma anche l'agire rivoluzionario, borghese, religioso, mediatico, eccetera - una volta "istituzionalizzato": a) si assolutizza (nega tutto ciò che lo contraddice); b) perde di vista i suoi obiettivi (da mezzo diviene fine); c) accresce la sua velocità processuale (si ripete, accelerandosi). Ed è esattamente quel che oggi è sotto gli occhi di tutti: il tecnocrate (che può essere anche uno scienziato) nega qualsiasi valore alle altre attività umane (assolutizza la scienza), e in questo senso perde di vista gli obiettivi di tecnica e scienza (finalizzazione dei mezzi), ritenendo che quanto più il progresso tecnologico sarà veloce tanto più la "salvezza" sarà a portata di mano (ripetizione + accelerazione = salvezza). Di qui quel pessimismo "cosmico" istituzionale di Ellul. Il pensatore francese non ha ricette salvifiche. Si è limitato, per modo di dire, a tradurre in termini sociologici il principio hegeliano dell'eterogenesi dei fini. Ma a differenza di Hegel non santifica lo "Spirito Assoluto". Inoltre la sua teoria non sfocia in una dialettica della non intenzionalità dell' agire istituzionale. Che, a suo avviso, risponde invece a una logica e intenzionalità delle istituzioni rigorosa, anche se di tipo coattivo, e purtroppo, socialmente difficile da contrastare. Secondo Ellul infatti la libertà umana, quella esterna, è meta difficilissima, se non impossibile, da raggiungere. Mentre per la libertà interna, interiore, è determinante la fede dell'uomo in Dio.

Jacques Ellul è autore di una cinquantina libri e di un migliaio di articoli scientifici. Si consiglia di partire, proprio perché importantissima per comprendere, e poi "usare", sua teoria delle istituzioni da Histoire des institutions (5 tomi, 1955-1956, trad. it. Mursia, Milano 1976-1981, 3 volumi). Tra le sue opere tradotte in italiano, oltre a La technique (sopra citata): Metamorphose du bourgeois (1967, trad. it. Giuffrè Editore, Milano 1972), Autopsie de la révolution (1969, SEI, Torino 1974), Histoire de la propagande (1967, trad. it. Esi, Napoli 1983), Trahison de l'Occidente (1975, trad. it. Giuffrè Editore, Milano 1997), Anarchie et Christianisme (1988, trad. it. Elèuthera, Milano 1993). Per più approfondite informazioni bio-bibliografiche si rinvia al sito www.ellul.org

Carlo Gambescia

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