martedì 10 dicembre 2013

"Schede" e  “Forconi”




Non è vero (almeno non del tutto) che l’antipolitica, come si dice,  abbia già vinto da un pezzo.  Alcuni fatti sembrano provare il contrario.  Due, in particolare,  i segnali di vita.
Il primo è  nei  quasi tre milioni di elettori che hanno partecipato alle primarie del Pd.  Non sono pochi, soprattutto di questi  tempi,  e con il voto  provano che c’è ancora voglia, tanta voglia, di fare politica. Riuscirà  Renzi a recepire il  messaggio socialdemocratico del suo elettorato? Buoni servizi  pubblici alla portata di tutti ?
Il secondo è  rappresentato dal “Movimento dei Forconi", punta di iceberg di un malessere fiscale diffuso: si protesta soprattutto per l’enormità di un carico impositivo che ricade sulle spalle dei ceti medi  più a rischio: piccoli imprenditori, esercenti, trasportatori, artigiani, coltivatori, consulenti e professionisti, come dire,  di piccolo cabotaggio.  In qualche misura siamo davanti ai Tea Party in salsa italiana:  un po', se ci si passa l'espressione, "masaniellati"; il che spiega  le violente infiltrazioni fascistoidi di ieri,  la diffidenza dell'estrema sinistra violenta e  l'atteggiamento benevolo ( o quasi) dei poliziotti torinesi. Riuscirà la destra divisissima  di Berlusconi, Alfano e spezzoni vari a recepire il  messaggio criptoliberale del redivivo popolo delle partite Iva? Meno tasse per tutti? Come recitava  il vecchio slogan berlusconiano...
In sintesi, ripetiamo, cosa chiedono "Schede"  e "Forconi":  da Renzi,  più servizi sociali, da Berlusconi e dissociati meno tasse. Due obiettivi, a dire il vero,  contrastanti...  Nel senso che la crescita dei servizi sociali implica quella delle tasse e viceversa… Come insegna la scienza delle finanze,  il trade off  ( compromesso o  punto di equilibrio) tra servizi e tasse, così come viene "venduto"  nelle campagne elettorali dei paesi dove prevale una cultura fiscale consociativa,  è un balocco politico-econometrico per cittadini  disposti a credere, visto che siamo in clima, a Babbo Natale. Per questa ragione, nei paesi non consociativi, dove la divisione tra destra e sinistra è netta, i partiti come abbiamo più volte scritto,  si dividono tra una sinistra  che tassa e una destra che abbassa il carico fiscale sui cittadini. Per contro,  in Italia, paese consociativo per eccellenza,  la sinistra talvolta parla come la destra, senza però mai  diminuire le tasse, e la destra  agisce come la  sinistra,   tassando senza pietà. Di più: da noi, destra e sinistra,  persistono nell’inseguire  il mito del recupero dell’evasione fiscale (sinistra) e l’Araba Fenice della  razionalizzazione dei servizi (destra).           
Ma, allora, qual è il trait d'union tra le schede e i forconi?  Se  la politica  italiana si dividesse  "bipolarmente"  su questo punto (più servizi o meno tasse) i cittadini potrebbero scegliere, ogni cinque anni,  con chiarezza. E quindi saggiare, di fatto,  le differenze tra  i due approcci fiscali. E se necessario, cambiare voto alle elezioni successive. E così via. 
Probabilmente, al di là dei contrasti,  è proprio quel  che chiedono i votanti  delle  primarie  e i manifestanti di ieri.  I primi con le schede elettorali,   i secondi  evocando i  forconi.  Insomma,  vogliono chiarezza:  o di qua o di là.  È così difficile capirlo?

 Carlo Gambescia  

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