mercoledì 19 giugno 2013


Beppe Grillo? 
Un caso di  inciviltà (politica) 




La lotta politica è spietata. E da sempre. La democrazia rappresentativa, che a occhio e  croce avrà un paio di secoli, ha introdotto in politica  una serie di regole  per provare, diciamo così,  a civilizzarla,  mitigandone usi e  costumi, spesso feroci. Come?  Attraverso carte e magistrature costituzionali, parlamenti, leggi elettorali,  regolamenti, eccetera. Parliamo di un “tentativo”, difficile, tuttora in divenire, perché il "politico" ha le  sue inflessibili costanti e gli uomini sono quel che sono.  Cosicché,  e malgrado  gli innegabili  difetti,  la democrazia rappresentativa può essere raffigurata come una piccola nave politica,  battezzata  “Civiltà”,  assediata da  mari tempestosi e perciò sempre in procinto di  essere travolta.
Naturalmente le regole, che possono essere ridotte a una sola: “contare le teste invece di tagliarle”, servono a  limitare il potere, sempre in agguato,  della sopraffazione.   Di qui però,  il ricorso da parte delle diverse forze politiche,  a tutto quell'armamentario, che nel bene e nel male  pigmenta  la democrazia parlamentare:  l’elusione,  le sottigliezze interpretative,  le "meline" procedurali.  Pratiche, mal viste dai detrattori delle istituzioni rappresentative,  alle  quali,  si usa opporre   l’ appello  a  entità salvifiche e giudicatrici come dio, la moralità pubblica (che è altra cosa dall’opinione pubblica), il popolo, la democrazia, la razza, la classe e di recente la rete. Che sarebbe «sovrana»., come ha dichiarato, proprio ieri, il deputato grillino Alessandro di Battista, riassumendo il comune sentire della sua esagitata parte politica.  Ma leggiamo la cronaca di quel che è accaduto  dinanzi alla Camera dei  Deputati:

Davanti Montecitorio va in scena il 'Grillo Pride', la manifestazione indetta dal gruppo romano del Movimento per dare man forte al leader Cinque Stelle nella polemica con la 'dissidente' Adele Gambaro, ieri rinviata al giudizio della rete per una eventuale espulsione. I manifestanti, circa un centinaio, si sono dati appuntamento in piazza dove hanno srotolato manifesti e incontrato alcuni dei parlamentari M5S. "Dentro o fuori dal Movimento con i suoi valori", "Beppe megafono, noi voce del Movimento", "L'onestà andrà di moda" gli slogan riportati sugli striscioni. Più inquietanti i cartelloni con le foto di alcuni dissidenti e fuoriusciti bollati come traditori: Mastrangeli, Labriola, Furnari e Gambaro. E sono loro, oltre ai cronisti della stampa e della Tv, che finiscono nel mirino degli attivisti che sono arrivati a manifestare il loro sostegno al gruppo degli eletti e al leader del movimento. "Mi piange il cuore nel vedere che qualcuno se ne va proprio quando si tratta di restituire i quattrini. Ma la rete è sovrana: siamo compatti o da soli non ce la facciamo" dice il deputato Alessandro di Battista.


Dietro l’invocazione di una qualche entità fittizia, se ci si passa l’espressione, c’è sempre la fregatura… E nel caso specifico il rifiuto di una regola fondamentale, quella del rispetto delle minoranze e più in generale del dissenso.  Regola che caratterizza politicamente  la democrazia liberale,   alla quale  i suoi  nemici oppongono il giudizio finalistico  di una fantomatica maggioranza extra-istituzionale. Da ciò si deve desumere che  Grillo e   M5S   sono portatori, neppure sani, di   un pericoloso  virus totalitario:  la maggioranza è tutto la minoranza nulla.   Del resto, come si è  visto,   il passo  al taglio delle teste dei dissenzienti, per ora metaforico,  può essere  molto breve.   Ritorna insomma, tutta la ferocia della politica. O se si vuole del potere nudo dell' l’inciviltà…  Per dirla fuori dai denti:   Beppe Grillo, dal punto di vista della cultura  democratico-rappresentativa,  rappresenta   un modello di   perfetta inciviltà.  Da manuale.  Che poi  egli   rovesci astutamente  il concetto,  autodefinendosi  leader di una  minoranza di buoni  in conflitto con fantomatiche maggioranze, ovviamente composte di cattivi,   rinvia a  quel fenomeno ben noto in politica col nome di leninismo: sfruttare le  regole e le istitituzioni democratico-liberali, per poi, una volta agguantato il potere,  toglierle di mezzo.
Infine,  ciò che deve essere chiaro è che la distinzione, tipica di Grillo e accoliti,  tra potere costituente (“Noi la Rete”, i buoni) e potere costituito (le “Istituzioni”, i cattivi) è tipica di tutti i moderni  movimenti eversivi dai giacobini ai bolscevichi. E lo stesso fascismo delle origini non ne fu indenne.

Non c’è altro da aggiungere.  Purtroppo.

Carlo Gambescia

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