giovedì 2 maggio 2013

Il libro della settimana: Pier Luigi Guiducci, Senza aggredire, senza indietreggiare. Don Bosco e il mondo del lavoro. La difesa dei giovani, pref. di Don Valerio Bocci, Elledici  2012, pp. 272, Euro 19, 00.

Spesso, quando si discute  di dottrina sociale della Chiesa,  si tende a privilegiare un solo aspetto, pur importante: quello teorico. In realtà, il cattolicesimo si è sforzato di conciliare fin dalle origini, teoria e pratica, valori di giustizia e protezione dei più deboli. E, a maggior ragione, ciò si è potuto manifestare, grazie all’ opera di grandi personalità religiose, durante la gigantesca trasformazione socio-economica degli ultimi secoli.
Questa riflessione  nasce  dalla lettura del notevole libro di Pier Luigi Guiducci, docente di storia della Chiesa presso le università Lateranense e Salesiana: Senza aggredire, senza indietreggiare. Don Bosco e il mondo del lavoro. La difesa dei giovani (Elledici).
Guiducci è storico serio e concreto, non insegue mode. È un professore che fa storia sui documenti, mai perseguendo tesi fantasiose, astratte o ideologiche. A riprova si veda l’ eccellente studio dedicato a Pio XII e il nazismo ( recensito qui:http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2013/02/il-libro-della-settimana-pier-luigi.html  ) .
Pertanto,  il ritratto di don Bosco,  nonostante Guiducci “maneggi” un santo (e che santo!), non è mai agiografico. Nella ricostruzione si tratteggia un uomo in carne e ossa, concretamente rivolto nell’Italia dell’Ottocento al recupero di giovani di strada o finiti in carcere.  Don Bosco si proponeva di spezzare, per dirla in sociologhese,  il  circolo (vizioso) della devianza giovanile. E con un solo scopo: rimettere indietro le lancette di un orologio sociale, finalmente capace di scandire i tempi del rispetto verso i meno favoriti e talvolta per colpe e negligenze altrui. Di qui il suo interesse, altrettanto grande, per i lavoratori,  all’epoca  trascurati o maltrattati.
Quel che colpisce della figura di don Bosco, in un libro documentatissimo anche sotto il profilo iconografico, è il suo straripante impegno quotidiano. Siamo davanti a  una  autentica lezione di sociologia applicata della protezione sociale. Ad opera non di stipendiate e indolenti  burocrazie ma del  gratuito e instancabile sacrificio personale.  Di un prete che ovviamente confida in Dio, senza però mai sedersi e attendere...   Due capitoli in particolare (su quindici, comunque  preziosi),  valgono da soli l’intero volume:  l’ Undicesimo (“I contratti di apprendistato firmati anche da don Bosco”) e il Quattordicesimo ( “Le lettere scritte da don Bosco a sostegno dei giovani lavoratori”). Dove si scopre un don Bosco reale e   fattivo che va  personalmente a “contrattare” le assunzioni dei suoi giovani e che  non si stanca mai di ripetere negli scambi epistolari, anche con le autorità, il valore della mano tesa. O se si vuole, come recita il suggestivo  titolo,  l’importanza del “senza aggredire, senza indietreggiare”, soprattutto quando l’avversario da battere è il  male sociale.
Il libro va letto anche per un’altra ragione. Perché chiarisce, una volta per sempre, come dal “contromovimento” ottocentesco di autodifesa giuridica e sociale dagli eccessi della rivoluzione industriale  non possano   essere più  escluse, in sede di ricostruzione storica,   la Chiesa e le organizzazioni religiose.
Sotto questo profilo l’esperienza di don Bosco  rispecchia la grande  importanza dei   processi spontanei  di ricostruzione del tessuto civile,  oggi sociologicamente   ricondotti  nell'alveo delle attività  di  “terzo settore”. Parliamo di  una sfera sociale che, come molti sostengono,  può essere affiancata in chiave sussidiaria e creativa a stato e mercato.
In conclusione, se il Cancelliere Bismarck è alle origini di un welfare burocratico, imposto dal vertice, il nostro don Bosco non sfigura come padre, e non solo spirituale, di un welfare societario sviluppatosi liberamente dal basso verso l'alto.  Lezione, di questi tempi,  da meditare.


 Carlo Gambescia 

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