lunedì 13 maggio 2013



Cara donna Mestizia,
lavoro come Capo giardiniere presso l’Abbazia di Spineto. Come può immaginare, da giorni fervono i lavori per accogliere al meglio i ministri del governo Letta, che in questo fine settimana ci onorano con la loro presenza. Di solito mi alzo alle prime luci, ma nei giorni scorsi ho anticipato la sveglia. Ieri, levatomi alle tre e mezzo, mentre ancora assonnato mi recavo nelle cucine per farmi un caffè, nel silenzio perfetto ho sentito un rumore insolito provenire dal chiostro. E’ difficile descrivere un rumore, specie se insolito, e io non sono un letterato. Per darle un’idea, le dirò senza timore del ridicolo la prima cosa che m’ha fatto venire in mente. Ebbene: sembrava il sibilo di sifone elettrico delle pompe di benzina, quando riempi il serbatoio dell’auto. Lo so, è assurdo, e naturalmente qui a Spineto pompe di benzina non ce ne sono, ma così stanno le cose. Stupito, un po’ insospettito, vado ad affacciarmi a una finestra che dà sul chiostro, e guardo giù. E’ ancora notte, ma la luna e le stelle illuminano il giardino, anche se il porticato è immerso in un’ombra fitta. In giardino non c’è anima viva. Il rumore si ripete a intervalli regolari, e sembra nascere da sotto il portico. Vvvvsh! Vvvvvsh! Vvvvsh! Non mi vergogno di dirle che m’è venuta la pelle d’oca. Non ho avuto il coraggio di scendere a guardare che succedesse, ma, facendomi forza, sono riuscito a non scappare. Sono rimasto alla finestra, e ho teso l’orecchio trattenendo il respiro. Ecco: tra un rumore e l’altro, si udiva una voce; ma fievole, sottile come un respiro, come un’ombra. Concentrandomi con tutte le mie forze, ecco quel che ho sentito, e poi subito trascritto, quasi parola per parola, sul taccuino dove di solito mi appunto gli acquisti da fare e le date degli innesti.
“Vvvvsh! Servito, signore, buon viaggio!” Poi di nuovo: “Vvvvsh! Servito, signore, buon viaggio!” E avanti così per sei o sette volte. Poi, lunga pausa, mentre io sento i capelli rizzarmisi sul capo. Ed ecco che la voce riprende, in un tono di indescrivibile sarcasmo, amarezza, accusa, tristezza, profezia di sciagura: “Servito! Ah, altro che servito, Gigino, ti hanno pure cambiato i filtri dell’olio, passato la cera, pulito il parabrezza…povero Gigino, ti hanno anche smacchiato la tappezzeria, altro che il giaguaro…Servito, servito, servito e tradito, tradito e tradito! E’ così, è così, dolce principe e figlio! Così fu fregato tuo padre! Mentre stava con le braghe calate, fregato per mano del vecchio padre, di mio padre, dolce principe, mio padre! Il tuo nonno che è tanto saggio e tanto buono, il nonno di tutti gli italiani! E’ così che a tuo padre gli hanno fregato la vita e il trono. Il vecchio padre, lo ha fregato, il vecchio padre d’accordo con la madre. Perché il Partito è la madre, dolce principe, ricorda! La madre! Padre e madre lo hanno falciato a gamba tesa nel pieno rigoglio dei suoi dribbling, a un metro dal dischetto del rigore. E dov’era l’arbitro, dolce principe? Forse un po’ lontanuccio? Dici che non ha visto bene, da Bruxelles? C’era nebbia, a Berlino? Tradito e tradito, fregato e fregato! Senza votazioni in Parlamento, impreparato, senza una via d’uscita decente per salvare almeno la faccia, senza poter preparare la sua anima a questa sconfitta infame, a questa figura di cacca da Guinness dei primati; e spedito a rendere il suo conto alla storia - buona quella! - col fardello di tutte le sue battutine da bocciofila, dello streaming con Grillo, dei video su Youtube dove cantava vittoria ballando come un deficiente perché secondo gli spin doctors faceva tenerezza alle rezdore... Diomadonna, che schifo, che voragine di merda! Se tu conservi in te natura d’uomo, ciccio, non devi tollerarlo! Sul trono non può sedere un usurpatore! Però ricordati: qualunque piano tu ordisca per raggiungere un tal fine, attento a non macchiarti la coscienza: non far che la tua anima abbia a mai cospirar contro il Partito. Lascia al cielo e alle spine ch’esso ha in petto di pungerlo e trafiggerlo. Ed ora è forza ch’io ti lasci… Addio.”
E con un ultimo “Vvvvsh!” i rumori e le voci inquietanti si tacquero. Stava sorgendo il sole, e scioglieva la notte. Fatto un rapido esame di coscienza, ed escluso di aver bevuto troppo la sera prima, sono andato difilato a svegliare il direttore, e gli ho raccontato tutto. Il direttore ha ascoltato senza aprir bocca, e mi ha spedito a casa in malattia. Un mio collega m’ha avvisato di aspettarmi la visita fiscale di uno psichiatra. Non so. Comincio a dubitare di me stesso. Lei che ne dice?
Bernardo Danesi

Caro Bernardo,
Che segno trarne, non lo so; ma in mente mi vien, così alla grossa, in prima idea, che sia presagio d’alcun turbamento nel nostro Stato. Al tempo dell’antica Roma, nell’èra sua più illustre e più gloriosa, non molto prima che cadesse ucciso l’onnipotente Giulio, si videro le tombe scoperchiate, e i lor morti trascorrer per le strade urlando, avvolti nei loro sudari. La storia c’ insegna che in casi come questo, è meglio fare l’indiano, il pesce in barile, l’orecchio da mercante, etc. Allo psichiatra ammannisca una vicenda di traumi infantili, e badi al suo giardino.



Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...

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