giovedì 21 marzo 2013

Il libro della settimana: Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini ( a cura di),Il partito di Grillo , il Mulino 2013, pp. 240, Euro 16,00.



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Nelle prossime ore Grillo salirà al Quirinale. Secondo voci giornalistiche, il comico sembra pronto a rivendicare un monocolore Cinquestelle…
Fantapolitica? No realpolitik...   Con i suoi otto milioni (e passa) di voti, il M5s è una forza decisiva del sistema politico italiano. Se poi contribuirà a rinnovarlo o distruggerlo è tutt’altra questione. Infatti, c’è chi associa il movimento di Grillo al fascismo delle origini; chi parla di neopaganesimo di massa; chi di qualunquismoon line, chi vi scorge il prolungamento della politica spettacolo berlusconiana; chi, per contro, lo eleva addirittura ad agente storico della prima e vera rivoluzione italiana.  
Sono, ovviamente, tentativi di definizione politica, viziati dalla necessità di bocciare (molti) o promuovere (pochi) un avversario fattosi decisamente pericoloso. E che  per lo studioso lasciano il tempo che trovano. Perciò, se si vuole capire il reale significato del ciclone Grillo, è necessario fare un salto di qualità. Un'ottima guida di taglio politologico, del tipo senza ira né pregiudizi, è rappresentata dal  notevole volume curato da Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini, Il partito di Grillo (il Mulino), docenti universitari e animatori dell’Istituto Cattaneo ( il primo  né è stato più volte direttore, la seconda  ne  è  l'attuale presidente).
Lo studio,  sicuramente pionieristico ma di alto livello,   disseziona in cinque essenziali capitoli  quello che Elisabetta Gualmini definisce acutamente il «web populismo» del comico genovese. Il lavoro è basato su una solidissima letteratura politologica (basta scorrere la ghiotta bibliografia) e sul  saggio uso empirico del sondaggio e dell’intervista mirata.  Temporalmente, Il partito di Grillo si ferma alle soglie delle elezioni di febbraio. Prima, insomma, della grande vittoria.
Il populismo italiano di Grillo viene distinto teoricamente da quello moralistico di Antonio di Pietro, dal populismo padronale di Berlusconi e da quello «terrigno e secessionista» della Lega. Anche se si tratta pur sempre di populismo. E pertanto, ci permettiamo di aggiungere, di un nemico - il che francamente  inquieta - della pur necessaria (insieme alla decisione) mediazione politica di stampo liberale.
Il primo capitolo (“Dalla Tv ai palasport, dal blog al Movimento” di Rinaldo Vignati) è un’autentica sociologia di Beppe Grillo. Detto altrimenti: il dato biografico rinvia, e  sempre acutamente,  alla connotazione sociologica. Quel che colpisce della ricostruzione, per un verso sono le notevoli capacità politiche del “personaggio” ( di autorappresentarsi, di aggregare, di individuare nemici, di scegliere i punti deboli dell’avversario); per l’altro l’assoluto vuoto politico in cui si è potuto dispiegare l'incontestabile carisma di Grillo   (dai riflessi mesmerici, soprattutto negli interventi pubblici). Diciamo che si è trattato di un’ascesa diventata irresistibile a causa dall’incapacità dei partiti tradizionali di autoriformarsi, intercettando per tempo alcuni cavalli di battaglia grillini (si pensi solo al taglio del  finanziamento  pubblico  ai partiti).
Il secondo capitolo (“Lo shock elettorale” di Pasquale Colloca e Francesco Marangoni),  spiega con grade sottigliezza come i successi elettorali del 2012 ( dalle amministrative alle elezioni siciliane) abbiano agito da moltiplicatore, quasi keynesiano, di due fattori: a) la consapevolezza di essere sulla strada giusta; b) la capacità di conquistare consenso esterno (prima al Nord, poi al Sud), attivando un circuito virtuoso tra Movimento e Paese. Una “storia di successo”, regolarmente confermata, dalle elezioni politiche di febbraio.
Nel terzo capitolo (“Gli elettori del Movimento 5 Stelle” di Andrea Pedrazzani e Luca Pinto), basato su solidi dati empirici, si riconduce la capacità del partito di Grillo di catturare  voti a destra e sinistra all’abilità nell’intercettare, grazie al programma politico dai contorni imprecisi, un elettorato «dalla duplice anima», conservatore e progressista al tempo stesso; «duplicità [che] potrebbe aprirgli la via di un successo elettorale dalle proporzioni fino a pochi mesi fa impensabili» (p.121). Previsione, anche questa, confermata dal voto del 24-25 febbraio.
Nel quarto capitolo (“Dentro il Movimento:organizzazioni, attivisti e programmi” di Gianluca Passarelli, Filippo Tronconi, Dario Tuorto) si entra nel cuore della questione, o meglio del programma politico. Due i punti di forza: a) un programma «post-ideologico»,  capace di piacere all’elettore di sinistra ( ambientalismo e democrazia di base) e all’elettore di destra (antifiscalismo e antiburocratismo), nonché di risultare gradito a entrambi e perfino agli astensionisti  (critica della partitocrazia).  E perciò  in grado di conquistare, da vero "pigliatutto",  anche le varie classi di età; dal giovane "smanettone" al quarantenne in mobilità, dall'esodato cinquantenne al pensionato aggredito e stremato dalla crisi economica; b) una facilità di accesso al movimento ( basta un personal computer), capace di attirare i delusi e i respinti dalla politica tradizionale. È per certi versi il trionfo di quella che Elisabetta Gualmini definisce, non senza ironia ci sembra,  la «wikipolitica, dove anche l’ultimo arrivato può dire la sua e cambiare il programma»… Non meno numerosi sono però gli elementi di debolezza. Ne ricordiamo due: a) la natura accentrata del potere carismatico di Grillo che rischia di entrare in conflitto con quella di un Movimento che, come del resto è sotto gli occhi di tutti, non potrà non trasformarsi in Istituzione (tradotto:  in partito vero e proprio, con i suoi pregi e difetti sociologici); b) la difficoltà di coniugare democrazia di base, movimentista con la democrazia rappresentativa, istituzionale, che deve essere accettata da qualsiasi partito che si imponga di operare, per l’appunto, nelle istituzioni. E qui, si legga un’altra osservazione di sconcertante attualità: «In gioco (…) [è] la decisione di saldare l’ala movimentista con la componente che, una volta nelle istituzioni necessiterà di un coordinamento. Pena, nel breve-medio periodo, il disfacimento e il cannibalismo da parte di altre forze”» (p. 144).
Nel quinto capitolo (“Il Movimento e la Rete” di Lorenzo Mosca e Cristian Vaccari ), due sono le intuizioni, empiricamente corroborate, che colpiscono: in primo luogo, che il famigerato uso intensivo del web riguarda più i simpatizzanti che i candidati, legati invece ai media più tradizionali; in secondo luogo, che se è verissimo che Internet «rappresenta il collante di un Movimento»,  risulta altrettanto vero che esso «nella sua grande eterogeneità si riconosce come parte di un tutto proprio in virtù del ruolo di “editore” di Grillo, del suo blog e dello staff che, non senza tensioni e polemiche, ne alimenta i contenuti» (p.194) . Ciò significa che, in buona sostanza,  «l’ adozione e l’uso massiccio delle tecnologie non sono sufficienti a superare un dilemma classico delle organizzazioni politiche, ovvero quella tensione irrisolta fra desiderio di partecipare attivamente alle decisioni da parte della base ed esigenze di esercitare un controllo ferreo da parte di una dirigenza oligarchica» (Ibid.). Se ci si passa la battuta: 1 a 0 per Roberto Michels…
Nelle conclusioni Piergiorgio Corbetta si interroga sul destino del «web populismo»  sbandierato  da Grillo. Populismo  che,    secondo lo studioso,    proprio  per il richiamarsi alla Rete  rappresenta,  per certi versi,  un fattore di  «assoluta novità»  rispetto ai populismi tradizionali.  E neppure negativa,  dal momento che «la Rete potrebbe in effetti rappresentare uno strumento cruciale per il passaggio da una ”democrazia rappresentativa” (nella quale la volontà del popolo viene espressa dai suoi rappresentanti eletti) a una “democrazia deliberativa” nella quale le decisioni di carattere politico-amministrativo vengono prese da assemblee alle quali possa partecipare – per l’appunto attraverso canali informativi – ogni cittadino» (p. 211).
Insomma,  il  calice-Grillo  potrebbe essere mezzo pieno. E in definitiva anche  il suo messaggio non antipolitico ma politico o quasi. E  proprio  in forza, come sembra sostenere Corbetta,  della sua idea  democratico-deliberativa  della  politica.  Vedremo.


Carlo Gambescia

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