mercoledì 30 gennaio 2013

“Piani del lavoro”, 
democrazia e bene per l’altro


Leggevamo alcuni giorni fa del  piano del lavoro messo a punto  da un importante sindacato italiano. Ora,  l’idea di piano, a prescindere dai suoi contenuti, è sempre un atto di presunzione: si presume di conoscere quale sia il bene per l’altro.  Ci spieghiamo meglio:   se è così difficile sul piano individuale stabilire, da noi stessi, quale sia il nostro bene, figurarsi l’idea che siano altri a stabilirlo per noi… Anche perché in assoluto, ogni singolo individuo, per quanto in modo imperfetto, non può non essere il miglior giudice del proprio bene. Sia ben chiaro:  le stesse critiche potrebbero essere mosse a un piano economico   proposto dalle organizzazioni imprenditoriali...
Resta ovviamente in piedi il problema della decisione politica: se nessuno è in grado di stabilire quale  sia  il bene per l’altro, chi  ( e come) prenderà   le decisioni  riguardanti la quantità e la qualità  dei beni e dei servizi collettivi da "erogare" ?  Le decisioni politiche, insomma?  Si pensi solo alla determinazione dell''entità  delle  tasse da versare allo stato.   Su questo terreno - molto scivoloso -   le democrazie, rispetto agli altri regimi politici, offrono un criterio decisionale approssimativo ma tutto sommato efficace: il criterio di maggioranza;  si decide per la proposta “comune” che prenderà più voti.
Naturalmente la maggioranza ( o coloro che sono stati delegati dalla maggioranza) può sbagliare. Di qui la possibilità, con l’alternarsi delle maggioranze ( e dei rappresentanti) di rettificare le decisioni precedenti.

Pertanto, un piano del lavoro ( o di altro genere) non ha alcun valore assoluto. Va visto, più semplicemente, come un modello interpretativo: il modo ( tra i tanti) grazie al quale una certa minoranza, che vorrebbe diventare maggioranza, interpreta la realtà. E qui torniamo alla questione precedentemente affrontata del relativismo (http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2013/01/relativizzare-il-relativismo-il.html   ).  Dal momento che senza un approccio relativistico  alla realtà politica (“oggi vinco io, domani vincerai tu, e così via”) la democrazia rischia,  e da sempre, di trasformarsi in tirannia  di una qualche presuntuosa maggioranza , assolutamente certa   di  conoscere  non solo  quale sia il bene per la sua parte ma addirittura per tutti i cittadini.  

Carlo Gambescia 

Nessun commento:

Posta un commento