martedì 6 novembre 2012

Pino Rauti, scomparso lo scorso 2 novembre,  fu un grande   politico o un  grande  ideologo?  O   le due cose insieme?  O nessuna delle due?  A dirla tutta, e sorvolando sul  fazioso giudizio della cultura politica antifascista (che scorgeva in  lui  un terrorista  tout court),   nell'ambiente missino,   da vivo,  Rauti     non    era  considerato, a parte alcuni giovani turchi,   un  grande  ideologo ma   solo  un giornalista,  più colto della media,  in grado di spiegare Evola al popolo...  E   da  altri, non pochi,   non era   neppure  ritenuto  un  vero politico,   perché troppo dedito, almeno secondo  lo standard  vitalistico del mondo  missino, alle costruzioni intellettuali... Quindi scontentava tutti o quasi...
Insomma,  fu   vera gloria?   Sì,  stando   ai  compiacenti  "coccodrilli"  degli ultimi neofascisti duri e puri come dei  postcamerati berlusconiani ( e chissà  che altro, tra poco...) del "Secolo d'Italia". In realtà, non è facile rispondere.  Ci prova l’amico Carlo Pompei. E con cognizione di causa.  Buona lettura. (C.G.)




Pino Rauti: l’ossessione della sintesi
di Carlo Pompei



La morte santifica tutti. In molti si sono affrettati a rilasciare dichiarazioni stucchevoli sul decesso di Giuseppe Umberto Rauti (detto Pino) che hanno generato perlopiù nausea in chi ha frequentato l'ambiente e le persone che lo hanno "plasmato" in questi ultimi venti anni. Si dice che l'acqua di Fiuggi purifichi e guarisca anche dai "mali assoluti"… Non che Pino Rauti avesse bisogno di subire un processo di canonizzazione, intendiamoci, ma la sua dipartita non dispiace affatto a molti tra quanti affermano pubblicamente il contrario.
Assolto  l'obbligo del doveroso incipit sull'ipocrisia umana, veniamo al punto: fu intellettuale o ideologo? O semplicemente politico? Ci sentiamo di escludere l'ultima figura citata, almeno nell'odierna accezione. Rauti, oltre ad avere un'idea politica, aveva anche un'idea di come fare politica, giusta e sbagliata, se ci si passa la critica. Vediamo perché.
Innanzitutto detestava i "politicanti" in "doppio petto", una tipologia presente anche tra ex militanti dell'ex MSI, poi promossi almeno consiglieri comunali nelle file di Alleanza Nazionale. In secondo luogo ha ottenuto visibilità sui media nazionali soltanto dopo la morte (o quando si parlava di "terrorismo nero").
A differenza del Grillo urlante, però - che diffida gli esponenti del proprio movimento ad apparire in Tv per paura che (ingenui?) possano essere inquinati e travolti da un sistema - Rauti avrebbe desiderato più visibilità, più sèguito, specialmente tra i giovani, ma non era certo il tipo di persona che elemosinava un'intervista. Lui avrebbe voluto che le sue "idee che mossero il mondo" (seppur contaminate dal pensiero evoliano) fossero analizzate - spontaneamente - da più persone, anche di idee opposte, ma non avrebbe mosso un dito per forzare questo meccanismo che doveva essere, ripetiamo, spontaneo. Tanto che alcuni media "diversamente informati" hanno rispolverato la definizione "fascista di sinistra" per questo suo possibilismo teorico, poi spesso smentito nei fatti. Vedremo più avanti che cosa vogliamo intendere.
Al di là delle categorizzazioni, Pino Rauti è sempre stato ossessionato dalla ricerca di sintesi, era un "intellettuale inquieto" infastidito e incuriosito al tempo stesso dalla quotidianità e dalla modernità. Un carattere non facile - risultante da un mix di DNA, cultura, origini geografiche e segno zodiacale (Scorpione, per chi crede nelle stelle) - faceva dell'uomo Rauti un piacevole interlocutore, ma anche un "capo" intransigente e talvolta furibondo. Proviamo a capire, quindi, che cosa volesse trasmettere una personalità così complessa.
La smania della ricerca del leader in se stessi - tormentone della sinistra di oggi - a destra è sempre esistita: ognuno pensa di essere meglio di chi comanda e allora si parte alla ricerca dell'idea vincente: l'ideologo infatti vorrebbe convincere tutti della bontà del proprio pensiero; Rauti, invece, non voleva far cambiare idea a coloro che già ne avevano una, anzi, tendeva ad escluderli, voleva fornire idee a quanti non ne avessero o fossero dubbiosi (e sono ancora molti). Questo suo atteggiamento, però, anziché metterlo in evidenza e a capo di rivoluzionari insoddisfatti e frustrati dal sistema, sovente provocava l'effetto contrario, quasi un'auto-esclusione.
D'altronde con il suo anti-americanismo (per lui, gli USA, erano "I gendarmi del mondo") sembrava un anziano saggio capo indiano a guardia della riserva dei princìpi. L'american style, con gingillo tecnologico, di stampo veltroniano, era agli antipodi del suo modo di pensare e con queste premesse è (purtroppo) difficile fare breccia tra i giovani d'oggi e non soltanto tra  di loro.
Tuttavia era abbastanza nota la sua lungimiranza per gli sviluppi di questioni nazionali ed internazionali: con largo anticipo scriveva di una futura crisi del sistema economico planetario e della sottomissione della politica vera al "turbocapitalismo"; sosteneva l'impossibilità di creare un'Europa solida soltanto con l'adozione di una moneta unica e, cosa più importante, già prevedeva gli squilibri economici che ne sarebbero derivati con i Paesi più forti. A più riprese ripeteva che l'Italia è "Il ventre molle dell'Europa" e il Vecchio Continente è un "nano politico".
Si potrebbe affermare che anche altri sapevano queste cose, ma rimane il fatto che soltanto lui e pochissimi altri - Rutilio Sermonti, ad esempio - ne scrivessero già molti anni addietro, quando internet non aveva ancora raggiunto il livello di sviluppo e diffusione di oggi. Proprio in quei mesi nel  Primo Governo Prodi uscente e nel D'Alema entrante si brindava al neonato Euro, fissato a quota 1936,27 lire. Per la sinistra, il "nano politico", era Silvio Berlusconi.
Poi, sfortunatamente, non seguirono azioni di rilievo, forse per scarsa visibilità, forse per preconcetti sul personaggio più che sulla persona, forse perché un avvicendamento di leggi elettorali sfavorevoli ai movimenti minori non consentì la diffusione e l'eventuale promulgazione (figuriamoci) di un progetto politico che probabilmente avrebbe meritato maggior successo.
La tesi "andare oltre" presupponeva un superamento del sistema dei partiti (ben prima di Tangentopoli o dell'odierna antipolitica) e degli schieramenti destra - sinistra, per lui obsoleti già trenta anni fa: non sarebbe mai potuto scendere a compromessi per l'acquisizione di poltrone, anche se queste servono per imporre, o quantomeno presentare, le proprie idee in Parlamento. Non che non lo sapesse, ma la sua "linea" di pensiero non gli consentiva di accettarlo (fatte salve scelte di campo recenti dettate dall'ennesima sconfitta subita "in casa"). La costituzione di Alleanza Nazionale, cioè l'apertura politica a partiti estranei alle "radici" del Movimento Sociale Italiano, rimase uno dei suoi più grandi crucci, anche se - bisogna ammetterlo - i risultati ottenuti precedentemente come Segretario del MSI furono un insuccesso che diede il pretesto a Fini e ai suoi colonnelli per iniziare il cammino verso Fiuggi (e, paradossalmente, oltre).
Insomma era un "teorico idealista probabilista", ma anche uno spietato "fondamentalista metodologico", stimato probabilmente più dagli avversari politici (di un tempo) che non da chi è stato al suo fianco.
Ora Giuseppe Umberto Rauti ha subito l'ultima beffa: le sue spoglie sono state ospitate in una Camera ardente allestita nella contestata ex sede di AN in via della Scrofa a Roma, anche se i suoi funerali, turbati da veementi proteste contro Gianfranco Fini, si sono tenuti nei pressi di Piazza Venezia vicino a quel balcone che ha influenzato e caratterizzato la sua vita terrena...

Carlo Pompei


Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.

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