martedì 16 ottobre 2012

A proposito del ricambio  "statistico" della classe politica italiana
Non solo D’Alema




Oggi i giornali parlano molto  di D’Alema che, per dirla inelegantemente, sembra mostrarsi   incollato alla poltrona… Ma, in effetti, la crisi italiana dipende solo da una questione di mancato ricambio, in chiave statistica,  del personale politico?  Sì e no. Ci spieghiamo subito.
Semplificando al massimo, in un secolo abbondante (il Ventesimo più il primo decennio del Ventunesimo), la classe politica, stando alla letteratura in argomento,   è statisticamente  mutata tre volte ( per età, composizione professionale e sociale, valori politici) : nel 1922, nel 1945, nel 1994. E sempre in modo traumatico, attraverso il  cambiamento del regime politico (fascismo, prima e seconda repubblica). Perché? In Italia il lavoro politico è sempre stato concepito nel migliore dei casi come una missione, nel peggiore, come una sinecura o rendita. In entrambi i casi, perciò, come qualcosa da praticare per tutta la vita e ovviamente ( considerata la debolezza della carne), da difendere dall' "assalto" dei  possibili uomini nuovi. Pertanto si tratta di “mentalità”. Di qui, quella gerontocrazia così criticata da tutti, ma in fondo tollerata, salvo che nei momenti di gravità storica assoluta, dove il cambiamento si impone (e si è imposto) attraverso la cosiddetta forza dalla cose. Perché questa difficoltà di fondo? La gerontocrazia italiana, di volta in volta  carismatica e/o utilitarista,  si è retta e riprodotta grazie alla  fitta rete di rapporti  politici  e clientelari a  ogni  livello.  Si pensi,  come  riprova, alla ciclica difficoltà -  incontrata dai più diversi  riformatori -di  snellire o ridurre la burocrazia statale oppure  di  tagliare  le rendite di posizione che proliferano nell’area “grigiastra” dei rapporti economici tra pubblico e privato.  
Certo, a parole, tutti  sono contro le caste...  Ma nei fatti, fin quando  non cambierà  la mentalità   (nel senso di una politica culturalmente  intesa come professione a tempo limitato), e con essa  la (non virtuosa) necessità di strutture parassitarie a sostegno del gerontocrate,  sarà difficile non solo favorire il  ricambio,  ma, cosa fondamentale, istituzionalizzarlo, rendendo la circolazione   della classe politica un fatto permanente,  normale,  fisiologico, capace di andare oltre qualsiasi  rottura traumatica.  Come  del resto  mostra  - ripetiamo -  il fallimento delle tre   occasioni storiche  di ricambio statistico e non culturale cui abbiamo accennato:  fascismo, prima e seconda repubblica. Insomma, non  bastano gli uomini nuovi,  occorre una mentalità diversa.  
Pertanto  D'Alema,  per dirla in modo non proprio originale,   è solo la punta dell' iceberg...  


Carlo Gambescia

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