lunedì 23 aprile 2012

Quanti e quali  "segreti" può nascondere un  "segretario"? Dipende. E da cosa? Da quanto conta  il “segretario”. E soprattutto  dal  "capo"   a cui  il    "segretario" è subordinato.  E qui -  parliamo del "capo" -  ci potremmo trovare, di volta in volta,  davanti a  un  uomo, un mezzo uomo, un quaquaraquà, per dirla con Sciascia.  Il che però rinvia al “segreto” stesso e al suo depositario principale, furbo o stupido che sia,  proprio come in un’operazione di giroconto… Vi gira la testa?  Mah...  Lasciamo a  Carlo Pompei   il compito di sbrogliare la matassa.  Buona lettura. (C.G.)


Amnesie italiane
Segretari, segretarie e segreti
di Carlo Pompei



La lingua italiana è affascinante: meravigliosa e pericolosa al tempo stesso. Soprattutto per il fatto che contiene parole semplici o composte derivanti dal Latino o dal Greco. Per introdurre il discorso, nel titolo, abbiamo inserito tre sostantivi – o, a meglio vedere, due aggettivi sostantivati ed un sostantivo – i quali, in contesti differenti, possono significare cose dissimili tra loro.
Partiamo dai Segretari (quelli con la S maiuscola). Generalmente, in questo caso, la parola sta a rappresentare il capo supremo di un partito politico. Sopra di lui vi sarebbe soltanto il Presidente, ma, di solito, questa, è una carica di rappresentanza, più che di potere vero e proprio, quindi più che un superiore effettivo si tratta di un “primus inter pares”. Altri esempi di “primo tra uguali” sono il Primo ministro (o Premier) e i Presidenti di Camera e Senato, anche se queste ultime due cariche istituzionali hanno anche funzioni “super partes”. Diverso è il discorso che riguarda il Presidente della Repubblica che è considerato e deve autoconsiderarsi sempre “super partes”, cioè non superiore a tutti, ma al di sopra delle parti. Non è sempre così, ma questo diventa un altro discorso. Torniamo al nostro.
A seguire, quindi, abbiamo le segretarie (con la s minuscola) che sono quelle signore o signorine che possono essere temute dai colleghi, ma che, generalmente, sono trattate abbastanza male dal capo, il quale le ritiene una sorta di propria estensione fisica (quando sono brutte) o altro (quando sono belle). Alcune segretarie particolarmente belle, a volte, si dilettano in innocenti gare di “Burlesque”.
E poi ci sono i segreti.
Ci sono quelli “d’ufficio” richiesti da un magistrato in riferimento a particolari atti di un’indagine in corso: atti “secretati” (appare una C al posto della G) nella fase preliminare del processo curata dal GIP che precede un proscioglimento anticipato o un rinvio a giudizio.
Ci sono quelli “di partito” dei quali sono a conoscenza soltanto i predetti Segretari e una ristretta cerchia (o cerchio magico) di persone.
Ci sono quelli “dell’ufficio” che vanno dal pettegolezzo sulle cornificazioni incrociate tra colleghi a quelli “industriali” su brevetti o listini prezzi da non divulgare (vedere “insider trading” e “aggiottaggio”).
Ma ce ne è anche un quarto tipo: è il presunto “segreto professionale” che le segretarie dovrebbero mantenere per coprire un’eventuale disonestà del proprio capo. Non si tratta di professionalità: si chiama connivenza, cioè l’assistere inerte ad un’azione criminosa.
Talvolta la connivenza può trasformarsi in “concorso” morale o addirittura materiale. È previsto il carcere per tutti i casi descritti, nel caso di mancato rispetto delle regole che, di volta in volta, obbligano a mantenere celato o a svelare il segreto in questione.
Sembra che in Italia lo abbiano dimenticato in molti.

Carlo Pompei


Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.

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