mercoledì 4 aprile 2012

Fondo Monetario Internazionale
Christine Lagarde e i bilanci in regola



Le dichiarazioni di Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, sulla complicata evoluzione della crisi, evidenziano le contraddizioni in cui incorrono i seguaci dei bilanci in regola a tutti i costi. Ascoltiamola, riprendendo un testo Ansa:
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«L'economia globale sta cercando di emergere dalla più profonda e dolorosa crisi economica dalla Grande Depressione. Ci sono segnali incoraggianti di stabilizzazione finanziaria in Europa. Ci sono segnali incoraggianti negli Stati Uniti in termini di più forte crescita e occupazione. Ma non dobbiamo illuderci: la ripresa e' ancora molto fragile'' mette in evidenza Lagarde, precisando che fra i rischi ci sono ''il sistema finanziario europeo ancora sotto pressione, il debito troppo alto e i prezzi del petrolio, che hanno il potenziale di creare molti danni''. Il direttore generale del Fmi promuove la decisione dell'Europa di rafforzare le proprie difese, il firewall, che aiuterà a fermare il contagio. E afferma: la crescita e' uno degli obiettivi da perseguire. ''Rafforzare la crescita significa usare la politica monetaria a sostegno dell'attività, soprattutto quando non ci sono segnali di inflazione fra i paesi avanzati. Ma significa anche usare la politica di bilancio, dove possibile, per aiutare l'attività. E' vero che molti paesi devono ridurre il debito ed e' vero che molti paesi sono sotto pressione e non hanno altra alternativa che ridurre il deficit oggi. Ma una corsa globale indifferenziata all'austerity si rivelerà controproducente. Paesi come gli Stati Uniti che hanno costi di finanziamento bassi non dovrebbero muoversi troppo velocemente"»( http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2012/04/03/visualizza_new.html_160682537.html )
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Non siamo economisti, ma qui si tratta di senso comune. Semplificando al massimo, di contraddizione, ne rinveniamo una in particolare: parlare di rafforzamento della crescita, senza però gravare sulle politiche di bilancio è un controsenso. Anche perché i tassi di interesse nei paesi avanzati sono a livelli prossimi allo zero, se non sotto. Perciò, se il privato ha paura di investire, perfino con tassi molto bassi, e il pubblico deve restare a guardare, per non appesantire i bilanci, chi investirà? In America e Giappone, dove i tassi di interesse sono ancora più bassi che in Europa, una vera e propria ripresa non si è ancora verificata. Di conseguenza, bilanci in regola e manovre su tassi e fisco, come teorizza il monetarismo più rigido non bastano. In sintesi: si tagliano le spese pubbliche, si controlla la quantità di moneta, si tengono basse le tasse, aspettando che il cavallo-investitore-consumatore beva... Ecco la vulgata monetarista. Detto per inciso, in realtà, nessuno avverte - soprattutto in Italia - la necessità di abbassare le imposte, soprattutto quelle dirette.
Però - ecco il punto, sul quale la Lagarde sorvola - come conciliare tagli fiscali e aumento della spesa pubblica? Dove si prendono i soldi per la crescita della domanda? Tagliando i posti di lavoro? E quindi influendo su una domanda che invece dovrebbe crescere? E che tra l'altro sarebbe colpita da un parallelo e necessario aumento delle imposte indirette…
Come si può capire, la battaglia sui bilanci in regola mal si concilia con altre variabili economiche capaci di favorire la crescita. Di sicuro i tagli, alla lunga, rischiano per un verso di non giovare all’offerta (perché nessuno investe con le fabbriche chiuse ), per l’altro di affossare la domanda (perché il consumatore, impaurito non compra, né risparmia). E qui va registrato un altro fatto: di capitali privati e pubblici in circolazione ce ne sono anche troppi. Sotto questo profilo il sistema gode di livelli di liquidità elevatissimi, impiegati però in operazioni speculative. Problema, quest’ultimo che piuttosto che economico è sociologico, perché concerne la presente composizione sociale delle élite dirigenti dei paesi avanzati, che vede prevalere il pavido percettore di rendite (anche speculative) sull’imprenditore creativo e coraggioso
Sotto questo aspetto, i tagli imposti dalle Borse, dalle Società di valutazione, dalle Banche Centrali e dalle Autorità monetarie mondiali sono frutto di una profonda convinzione, più economica che sociologica. Quale? Che a un certo punto, visto che il mercato è un meccanismo capace di auto-regolarsi, il cavallo berrà. Ma - ecco il punto, sociologico non economico - a un livello così basso di stabilizzazione, da rendere ancora più faticosa la risalita. E non di un pugno di cavalli, bensì di milioni di esseri umani.


Carlo Gambescia

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