martedì 13 marzo 2012

Tagli di bilancio 
Sequestro della democrazia? 
No, della spesa pubblica 
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Raramente i media ne riferiscono, perché sono questioni tecniche di scienza politica, roba da accademici. Di che cosa parliamo? Dello studio dei cicli politico-economici all’interno, ovviamente, delle democrazie contemporanee.
In realtà, le “questioni tecniche” rinviano alla verifica empirica di un fatto molto semplice. Quale? Se i governi in carica siano in grado di creare artificialmente le condizioni economiche capaci di favorirne la rielezione (di qui la dizione ciclo politico-economico, da una tornata elettorale all'altra...). Le ipotesi di lavoro sono basate su due fattori: a) che gli elettori (sottoposti a quotidiani sondaggi di opinione) valutino le prestazioni del governo tenendo d’occhio i fenomeni economici (produzione, consumo, inflazione, disoccupazione, recessione, sviluppo); b) che il governo sia in grado di intervenire sulle variabili di cui sopra, per favorire, attraverso la crescita delle spesa pubblica, la rielezione e quindi la coniugazione del ciclo di governo (in genere una legislatura), con quello partitico (due o più legislature). Abbiamo, ovviamente, semplificato.
Ora, che succede? Il volume della spesa pubblica, che stando agli studi empirici, cresce sempre prima delle elezioni, per diminuire all’inizio delle legislatura successiva, si qualifica come un determinante fattore di consenso. Certo, nel meccanismo che regola il ciclo-politico economico gioca un ruolo notevole anche il controllo dell’inflazione, spesso collegato, alla crescita delle spesa pubblica, dell’occupazione e di riflesso della pressione fiscale (stiamo sempre semplificando). Comunque sia, la spesa pubblica, favorendo consumi e occupazione, rafforza il consenso al governo, mentre i tagli ne diminuiscono il gradimento e le future possibilità di vittoria.
Ogni governo, insomma, se vuole essere rieletto deve puntare su un giusto mix di inflazione, occupazione, tasse. Una miscela, la cui “qualità finale” dipende dalla crescita o decrescita della spesa pubblica. Un fattore che resta perciò la chiave di volta di ogni politica economica.
Ora, un governo tecnico, in quanto a termine e privo di qualificazione politica, non dovrebbe puntare sulla crescita dei cosiddetti “livelli di consenso”, “misurati”, come detto, mediante sondaggi di opinione. Di qui, i famigerati tagli alla spesa pubblica senza troppe preoccupazioni di perdere consenso ideologico. Pertanto, e in particolare per la situazione italiana, si potrebbe parlare piuttosto che di sequestro della democrazia, di sequestro della spesa pubblica... Anche se, ultimamente, vengono diffusi sondaggi attestanti la crescente popolarità del Governo Monti… Il che è inquietante dal punto di vista politico e scientifico. Perché? Delle due l’una: o i sondaggi sono falsi o è infondata la teoria del ciclo politico-economico.


Carlo Gambescia

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