venerdì 13 gennaio 2012

Libri  per capire
Democrazia digitale?


 Chissà,  se fossero ancora tra noi,   Pareto,  Mosca e Michels, cosa direbbero del cosiddetto “popolo della Re”… Parliamo, in particolare,  dell’impatto,  per buttarla sul sociologhese,  dei nuovi  “media digitali” sulle orme di partecipazione politica e  civile.   Secondo i tre  cervelloni sociologici, di cui sopra - azzardiamo un’ipotesi -   anche la “nuova politica” fatta di mobilitazioni via Internet  non potrebbe essere in realtà  molto  diversa dalla vecchia politica (nel senso di una politica con qualche millennio di storia umana sulle spalle…).  Per quale ragione?  Perché ogni politica non può non essere  basata sulla divisione tra chi comanda (pochi) e chi obbedisce (molti). 
Il che, come tutte le regolarità ( o quasi leggi)  politiche,  potrà apparire anche banale, mentre in realtà non lo è affatto.  Soprattutto davanti all’eccessivo sovraccarico di aspettative culturali e morali  che rischia di travolgere queste  nuove  forme  di azione politica.   Da alcuni osservatori, in particolare a sinistra,  addirittura giudicate come la quintessenza di una futura democrazia partecipativa.
Sotto questo aspetto, e a scopo profilattico (come vaccino  contro  facili  entusiasmi e successive delusioni) consigliamo due  libri da leggere insieme,  anche se diversi per approccio e contenuti. 
Il primo, cautamente ottimista : Avanti popoli! Piazze, tv, web: dove va l’Italia senza i partiti,  scritto da  Alessandro Lanni,  giornalista e  docente universitario (pref. di Nadia Urbinati, Marsilio, 2011, pp. 141, euro  12, 00); il secondo invece cautamente pessimista: Nuovi media, nuova politica? Partecipazione e mobilitazione online da MoveOn al Movimento 5 stelle, una  raccolta di saggi  curata da Lorenzo Mosca e Cristian Vaccari,   ricercatori  universitari e specialisti in nuovi media e  comunicazione politica ( Franco Angeli, 2011,  pp. 240, euro  26,00).
Secondo  Lanni   « se cambia il panorama dei media con l’avvento della rete con le modalità comunicative che abbiamo rapidamente imparato a conoscere in questi anni,  cambia anche la politica, e nel profondo i partiti vedono stravolto il loro ruolo. È proprio l’unidirezionalità di un tempo che viene meno, se lo mettano in testa i partiti. La comunicazione politica è rivoluzionata. Ma se i palazzi diventano sempre più trasparenti e le vecchie oligarchie cadono, chi li sostituirà? La rivoluzione copernicana è in corso e i partiti stanno ancora decidendo cosa indossare (…). Milioni di nodi, elettori e potenziali militanti chiedono di partecipare, di discutere e di intervenire  e sono già di fatto tutti sullo stesso piano. Lo hanno dimostrato nelle mobilitazioni in piazza e on line di questi anni, ora hanno bisogno di partiti che sappiano accoglierli, altrimenti delle decine di popoli che si sono mossi per le strade  italiane rimarrà poco o nulla, come il sentimento che da universitari rimaneva  quando l’entusiasmo delle occupazioni veniva meno. Ma al tempo stesso la chiusura dei partiti li confinerà lontano dalla vita della società, alimentando sempre più quella che a torto o ragione è chiamata antipolitica».   Insomma, se son rose fioriranno…
All’ approccio di Lanni, comunque apprezzabile per la chiarezza espositiva e concettuale,  si oppone quello più scettico, e non meno lucido,  di  Mosca e Vaccari.  Sul quale è interessante soffermarsi. Ecco la premessa da cui partono:  «Nell’ultimo decennio (…)  sono state formulate tre ipotesi: a) quella dell’ “equalizzazione”  secondo cui internet permetterebbe ad attori marginali, poveri di risorse e con scarso accesso ai canali istituzionali di accrescere il loro peso in politica; b) quella della normalizzazione secondo cui nel medio-lungo periodo gli attori tradizionali  della politica si sarebbero appropriati di questo nuovo medium colonizzandolo e trasformando la politica online ne “la solita politica” (…) ; c)  quella del “rafforzamento” secondo cui gli attori politici tradizionali avrebbero utilizzato internet come risorsa aggiuntiva per accrescere la propria visibilità e il proprio potere».    E ora le conclusioni: «Oggi possiamo affermare che né l’ipotesi della equalizzazione, né quella della normalizzazione e neppure quella del rafforzamento sono state completamente confermate né pienamente falsificate». Perciò  « la politica on line si configura come un complesso  esito di dinamiche anche contraddittorie, incoerenti e divergenti il cui esito finale è spesso spiegato da fattori contestuali e ambientali». Di conseguenza, rilevano, citando  Bruce Bimber, autorevole  politologo americano, « le tecnologie dell’informazione potrebbero avere diversi effetti contemporaneamente (…). È [perciò] più corretto assumere che potrebbero rafforzare e indebolire la democrazia, così come esercitare scarsa influenza sui processi democratici». Quindi, se ci si perdona la caduta di stile, invece  di  magnifiche rose, per Mosca e Vaccari,  potrebbero nascere carciofi… 
Come concludere?  Ripetiamo: tornando idealmente a Pareto, Mosca e Michels.  Dal momento che nei due libri -  piccolo appunto critico -  non si conferisce adeguata importanza alla classica questione della dicotomia governanti-governati. Parliamo  di un fenomeno sociologico che tende comunque a riformarsi,  dove esista, anche solo a livello embrionale,  una qualche  forma organizzativa.  

Il che significa che i vari “movimenti digitali”, per quanto democratici possano dichiararsi,  non potranno  sfuggire,  al loro interno,  alla michelsiana  «ferrea legge dell’oligarchia». Pertanto sarebbe utile studiare, oltre alle relazioni tra  nuovi movimenti digitali e  attori politici esterni,  l’interazione politico-organizzativa  interna ai movimenti.  Come del resto fece Michels con il partito socialdemocratico tedesco, all’epoca, inizio Novecento,  citato da tutti  come grande esempio di futura  democrazia politica.  E cosa venne  fuori?  Che  tanto democratico  non era…

Carlo Gambescia               

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