giovedì 26 gennaio 2012


Il libro della settimana: Mariella Nocenzi e Angelo Romeo (a cura di), I sociologi dimenticati. Antologia del pensiero proto-sociologico italiano, prefazione di Vincenzo Cesareo, Franco Angeli 2011, pp. 180, Euro 22,00. 

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Spesso, oggi, il laureando “medio” in sociologia ignora importanti pensatori del Novecento sociologico, come ad esempio studiosi del calibro di Pitirim A. Sorokin e Georges Gurvitch… Quanto alla sociologia italiana, il futuro dottore in una delle tante, forse troppe microspecializzazioni disciplinari, talvolta mostra di non conoscere figure “maggiori” come Vilfredo Pareto… Figurarsi perciò sociologi “minori” , o meno noti, come Filippo Carli, Alessandro Chiappelli, Fausto Squillace, contemporanei di un gigante come Pareto.
Per quale ragione? Innanzitutto, perché la storia del pensiero sociologico non è più di moda. Nelle Facoltà di Sociologia, dal punto di vista disciplinare, non interessa più il “da dove veniamo” ma solo il “dove andiamo”, grazie a una metodologia, sempre più specializzata, ma in realtà tesa a studiare gli alberelli, anche in formato bonsai, ma non la foresta, ossia la società nel suo insieme.
Inoltre, la sociologia italiana del Secondo Dopoguerra è cresciuta senza padri. Autori, pur grandissimi come Pareto, attivi nell’Italia prefascista, furono prima dimenticati e poi “reimportati” in Italia, sulla scia di riscoperte americane (nel caso di Pareto, galeotto fu Talcott Parsons). Insomma, l’Italia del 1945, si impose di dimenticare, se non cancellare, fascismo e prefascismo, e con essi, quel clima, anche sociologico, di critica, comune destra e sinistra, alla democrazia parlamentare, assai diffuso tra Otto e Novecento.
Fortunatamente, sull’importanza dei “padri”, anche quelli piccoli piccoli (si fa per dire…), è finalmente uscita una interessante antologia, curata da Mariella Nocenzi e Angelo Romeo, I sociologi dimenticati. Antologia del pensiero proto-sociologico italiano ( prefazione di Vincenzo Cesareo, Franco Angeli 2011, pp. 180, euro 22,00 ).
Il lettore comune non si faccia spaventare dal titolo accademico della pubblicazione: i « proto-sociologi» sono i primi sociologi, attivi tra Otto e Novecento; studiosi ancora senza cattedra specifica. E per una ragione molto semplice: all’epoca la sociologia non era entrata ufficialmente nelle università italiane. Parliamo comunque di studiosi ben consapevoli dell’importanza della sociologia quale risposta ai problemi posti dalla società moderna. E in particolare nell’Italia che allora andava industrializzandosi.
Vi entrerà, ma non presto. Come scrivono i curatori, «la prima cattedra di sociologia [sarà] assegnata per l’anno accademico 1924-1925 a Filippo Carli dall’Università di Padova, grazie all’autonomia universitaria riconosciuta agli Atenei dalla Riforma Gentile». Per inciso, sul primo sociologo ufficiale italiano si veda la bella introduzione del compianto Giano Accame a Filippo Carli, L’idea partecipativa ( Edizioni Settimo Sigillo 2003).
Ma di quali sociologi dimenticati parliamo ? Lodovico Francesco Ardy, Filippo Carli, Alessandro Chiappelli, Errico de Marinis, Achille Loria, Vincenzo Miceli, Scipio Sighele, Fausto Squillace, Michele Angelo Vaccaro, Icilio Vanni.
Una ricerca non semplice. Perché, come rilevano i curatori, addirittura su Ardy, di cui sono ripubblicati alcuni brani tratti dall’eccellente L’equilibrio sociale (1895), «non è stato possibile costruire una scheda a causa della mancanza di fonti attendibili». Parliamo di schede bio-bibliografiche, quindi utilissime, collocate in fondo al volume. Di Scipio Sighele, sono perfino riportati i sommari di alcune opere. Una scelta, quest’ultima, molto felice, che forse si poteva estendere - certo, dove possibile - a tutti agli autori antologizzati.
I brani sono raccolti e divisi per argomento: “ I problemi costituzionali della sociologia”; L’individuo, i valori, le istituzioni; “La società e la politica”; “La sociologia dei processi culturali”; “La sociologia e il futuro”.
Dalla lettura emergono due elementi molto interessanti: da un lato la notevole competenza disciplinare dei «proto-sociologi» , non inferiore a quella di altri sociologi dell’epoca, oggi annoverati tra i classici della sociologica, due per tutti: Durkheim e Simmel; dall’altro la ragguardevole capacità di scavare in profondità nelle contraddizioni della modernità. Certo, l’approccio generale è di tipo evoluzionista (ma non social-darwinista, fuorché, probabilmente, per Michele Angelo Vaccaro), cioè si confida nelle sorti progressive, ma senza esagerare… Dal momento che la visione di fondo dei « proto-sociologi» ruota intorno ai sani valori di una sociologia rivolta a studiare le cose come sono e non come dovrebbero essere.
Francamente, su tutti, sembra spiccare la figura di Fausto Squillace, malgrado il giudizio non positivo di Roberto Michels, autore di una celebre rassegna storica (1924-1925, tradotta dal tedesco in Antonio Scaglia, La sociologia europea del primo Novecento, Franco Angeli 1992). Squillace evidenzia notevoli capacità di sintesi teorica e individuazione dei problemi. Non per niente l’editore romano Bonanno ha di recente ripubblicato La moda (1912), a cura di Anna Maria Leonora. Un saggio che stupisce per la modernità come del resto si può scoprire anche dagli estratti antologizzati.
Non va dimenticato che Squillace, nonostante, come scrive Michels, fosse un «autodidatta» che «lavorò quasi sempre nella sua piccola città natale di Catanzaro priva di una qualsiasi strumentazione scientifica», pubblicò un importante Dizionario di sociologia (1905), mostrando, prosegue Michels «contro i pessimisti (…) come la sociologia fosse già abbastanza matura per presentarsi con ampie prospettive nelle vesti di una sintesi presentata con un’opera generale».
Concludendo, un’antologia ben costruita, ricca di stimoli e idee, che si rivolge a docenti, studenti, per le ragioni disciplinari già abbondantemente evidenziate, nonché a quei lettori interessati alle ineludibili questioni legati alle sorti della modernità. Insomma, un libro da non perdere.

Carlo Gambescia

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