giovedì 15 dicembre 2011

Il libro della settimana: Nicola Vacca, Almeno un grammo di salvezza, Associazione Culturale Edizioni il Foglio 2011, pp.100, euro 6,00.  

http://www.ilfoglioletterario.it/

Per dirla con Borges, “ogni poesia è misteriosa”. Insomma, resta, e da sempre, assai difficile capire il profondo senso esistenziale nascosto nei versi. E soprattutto quel collegamento tra vita interiore e anima poetante. O se si preferisce fra la routine su questa Terra e lo sguardo verso il Cielo.
Sono filamenti segreti che talvolta uniscono, talaltra separano poeta e lettori. Ovviamente, non tutto è tenebre e mistero: i buoni versi folgorano e lasciano sempre trasparire nuovi cieli e nuove terre. Squarci improvvisi, autentiche sciabolate di luce nel grigiore di un’ esistenza quotidiana, ciclica e ripetitiva, e perciò, apparentemente, priva di senso.
Di qui alcune difficoltà. Come porre domande alla poesia e al poeta? Quale può essere l’utilità di una critica letteraria, condannata, quasi per statuto, a restare esterna alla poesia? E, infine, perché recensire poesia? In fondo, ogni poeta è una monade: comunica, e segretamente, solo con se stesso. Resta molto difficile decifrare quel che è scritto nel cuore di un poeta. Talvolta anche quando gli si è amici… Restano però le eccezioni, magari solo per confermare la regola… Una di queste è rappresentata da Nicola Vacca, poeta da sempre dedito al corpo a corpo tra vita e poesia. La sua è un’opera che sfida il mistero, coinvolge il lettore e scardina tutte le regole dell’incomunicabilità. Anche a costo di ferire. O invece di sorprendere, come prova, appunto, la sua ultima fatica: Almeno un grammo di salvezza ( Associazione Culturale Edizioni il Foglio 2011, pp.100, euro 6,00 - http://www.ilfoglioletterario.it/ ).
Anche in questa nuova raccolta siamo davanti a un duro frugare senza pace “tra le macerie/in cerca di persone vere (Persone vere). Ricerca non vana, perché l’altro può rivelarsi “all’improvviso con la semplicità di un bacio”: “il gesto che salva/ due anime che si appartengono” (Sulla strada del cuore). Ma quali sono le persone vere? “Le persone vere sono poche/ il loro volto è lo specchio del cuore/accolgono gli altri nell’ascolto/chiedono scusa per gli errori/ di chi sa solo giudicare” (Persone vere II). Ciò significa che “il dramma è l’altruismo/ di chi non sa più ascoltare” (Non so). Pertanto “al di là del bene e del male/della ragione e del torto di ognuno/quanto spreco di vita"(Spreco di vita). Frutto avvelenato di “questo stare in equilibrio/sulle cose che non durano" (Nel tempo della paura e del male). Purtroppo, “quello che manca è il pane/ dello stare insieme e mani operose/ Che lo spezzano per donarlo/a chi ne ha bisogno" (Alcune parole non sono chiare). Ma se è pane dell’anima, allora discende da Dio ? Sì. Nella nuova raccolta, come attestano i luminosi versetti del Vecchio e Nuovo Testamento, posti, e non superficialmente, a incipit di molte poesie, si scopre un Nicola Vacca, se ci passa il gioco di parole, “reo converso”: nel senso in un poeta che finalmente leva gli occhi al Cielo, ma, questa volta, non in segno di sfida, bensì di amore. In questo modo - crediamo - il mistero esistenziale del poeta si fonde e scioglie con quello di Dio, e con grande umiltà di versi: “Quali parole per annunciare la salvezza?/Alla fine del buio/ l’avvenire è un respiro freddo./La profezia è spenta/la poesia è muta/ L’alfabeto di Dio/ è davanti a noi/ nessuno lo legge/eppure è già rivelato” (L’alfabeto di Dio).
Probabilmente è qui la chiave di una poesia della svolta, dove il tormento esistenziale e civile di Nicola Vacca si va trasfigurando in nobile e onesta preghiera: “Il cielo è ferito/la bellezza del mondo/si tramuta in cenere/Sotto i riflettori di questa luce buia/riesce quasi impossibile convivere/ con un mondi senza padri/Occhi freddi negano/ il segno di un bene che soccombe/alla potenza senza scampo del male./Almeno un grammo di salvezza/ci sarà concesso/dalla preghiera che apre la mente.” (Almeno un grammo di salvezza). Insomma, “nessuna parola muore/ se incontra l’attimo giusto" (L’attimo fuggente). Soprattutto se in quell’attimo si coglie Dio nella sua grandezza.
Siamo però dinanzi a una fede antica: quella che Nicola Vacca ritrova nei duri decreti del Dio del Vecchio Testamento. Un Dio che percuote un mondo moderno, moralmente riarso a sassoso, dove si scopre che “quando il grido di Dio è forte/le sillabe della sua misericordia/scavano pozzi profondi" (Pericolo di crollo). E che perciò “la sofferenza ti fa capire se ti piomba addosso/che non puoi sprecare l’amore/per cui sei chiamato a vivere./Per questo abbiamo anche bisogno/ della notte di Dio/per seminare le lacrime./E la notte di Dio non sempre è oscurità" (La notte di Dio). Pertanto l’imperativo è “di aprire le porte”. (Dobbiamo aprire le porte), perché “non è mai troppo tardi/ per asciugare il dolore dell’altro" (Dare voce al dolore dell’altro). Del resto, molti non fanno “ tutto il possibile/ per apprezzare l’unicità di un cuore vivo. (La caduta nelle cose). Poveri noi che “mastichiamo l’Apocalisse/non mangiamo/altro che distruzione (…). Né terre né mari/per la nostra zattera”… (Di questo momento). Noi che viviamo male perché ci ostiniamo a non capire che “la calunnia è l’arsura/che ha freddato la castità di un bacio". (La maldicenza). Tuttavia, proprio “il vaniloquio/ ci dirà che con le parole non si scherza" (Sull’importanza delle parole). E che “davanti alla Croce/rimaniamo dentro una pazienza quotidiana./ In attesa di un passaggio/ non è un azzardo/ guardare nel buio” (La nostra Pasqua).
Ecco allora farsi tutto più chiaro: “Dio parla sempre/siamo noi che dovremmo capire/che il suo disegno ha delle ragioni/ che la ragione non conosce.” (Le ragioni di Dio). Ed è, come dicevamo, il severo Dio dell’Antico Testamento: “Il Dio di Giobbe è il Signore di tutti noi/uccisi all’improvviso dal suo silenzio/per rinascere un’altra volta/nell’eternità delle polvere”(Il Dio di Giobbe). Del resto, “davanti al mistero si può solo stare/ con la sapienza dell’attraversamento”. (L’eterno interrogativo). Non è forse vero che “la luce e le tenebre/si attraversano con l’amore/ spiegazione di tutto/che dona senso all’universo”? (La grazia è nel senso ). Perciò “scaviamo nel sottosuolo/con le unghie di chi non vuole arrendersi./ Torniamo a incendiare i cuori"(Con le unghie). Ma ora, come crediamo di aver capito, sotto lo sguardo di Dio.

Carlo Gambescia

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